L’allenatore li ha «aiutati» con 200 ore di meditazione
Seduto al buio tra 12 ragazzini scheletrici con la metà dei suoi anni, Ekkapol Chanthawong si riconosce a malapena. Il 25enne «coach Aek», magrissimo e serio, si distingue solo per le dimensioni della testa: quella di un adulto. L’unico intrappolato nella cava insieme alla squadra di babycalciatori che allena da anni e cui vuole bene come fratelli. Aek li aveva portati alla grotta altre volte, in una delle mille gite tra Laos e Myanmar in bicicletta, l’altra passione dei bimbi insieme al pallone. Qualcuno dal pulpito dei social ora lo accusa di essersi comportato da incosciente, ma la maggior parte dei thailandesi tifa per lui. Perché è stato Aek a tenere in vita la squadra per più di 200 ore ricorrendo all’unica risorsa che aveva: la meditazione. «Sapevo che si sarebbe preso cura di loro – ha raccontato al giornale The Australian la zia Umporn Sriwichai –. I bambini hanno detto ai sommozzatori che Aek ha insegnato loro a meditare». Pare abbiano combattuto così la paura: seduti nella posa con cui i monaci buddhisti, oltre ad allenare lo spirito, abbassano il ritmo cardiaco, rallentano la digestione (e la fame), liberano la mente. «Coach Aek» lo sapeva: fino al 2014 anche lui è stato un bhikkhu, un monaco della scuola buddista Theravada, per quasi 10 anni. In Thailandia tutti i maschi devono passare così un periodo della vita. La meditazione si usa soprattutto nei templi tra le foreste, a nord, dove vive da sempre. Ekkapol cominciò a 12 anni «dopo aver perso entrambi i genitori e un fratellino più piccolo». Era il modo per «renderlo più forte mentalmente», ha raccontato lo zio Tham Chanthawong, «e penso abbia aiutato anche i bambini».