Strega, testa a testa nella notte
A tarda ora la proclamazione del vincitore del più ambito premio letterario italiano
Janeczek è partita con i favori del pronostico, poi Balzano e dietro Petrignani
Circolava un sms carbonaro nei giorni scorsi tra i 400 Amici della domenica: «Vota italiano». L’allusione era a Sandra Petrignani, italiana doc, come se Helena Janeczek, favorita alla vigilia e approdata alla finale di ieri sera con ben 256 preferenze, essendo nata in Germania, sia pure naturalizzata italiana, fosse straniera. Tant’è, ma si sa che lo spirito che aleggia sul Premio Strega, spesso definito non meritocratico e dove invece prevalgono le raccomandazioni, giunto tuttavia quest’anno alla sua 72esima edizione, si è confermato puntualmente il crogiolo delle polemiche, invidie, piccoli ricatti, lotte all’interno delle scuderie editoriali, accompagnati da malumori e, stavolta, dicono gli esperti, anche da una scarsa qualità dei libri concorrenti, mai così bassa. Dietro le quinte sussurravano pure che la competizione quest’anno sia stata più aspra di altri anni, con una vis pugnandi esibita soprattutto dai piccoli editori. Sicuramente è stata la prima volta di una presenza massiccia al femminile, 3 su 5 volumi in gara, ribattezzata il #Metoo letterario. A ridosso della proclamazione del vincitore aveva preso consistenza un testa a testa fra Helena Janeczek e Marco Balzano, seguiti da Sandra Petrignani.
È curioso che le autrici avessero in comune quella che viene definita una sorta di anomalia: l’aspetto biografico dei libri, relativo a personaggi realmente esistiti o a documentate vicende personali. La ragazza con la Leica (Guanda) di Janeczek racconta l’avventura umana di Gerda Taro, attivista politica e fotoreporter tedesca, che si conquistò un posto nella storia del fotogiornalismo, morendo giovanissima durante la Guerra di Spagna. Sottolinea la scrittrice, l’altro giorno presente al Museo Etrusco di Villa Giulia per una visita guidata: «Ho voluto restituire il fascino di Gerda. Una seduttrice ma anche una guerriera». Lia Levi con il suo Questa sera è già domani (e/o) ripercorre una storia personale, come testimone delle leggi razziali del 1938, raccontando la fuga dell’amato marito ebreo genovese per sottrarsi ai rastrellamenti fascisti e al lager. Ancora più dichiaratamente biografico e, sotto un certo aspetto anche autobiografico, La corsara (Neri Pozza), ritratto di Natalia Ginzburg da parte di Petrignani. Temi non di pura fantasia, dunque, e c’è già chi si chiede: è una nuova tendenza, in mancanza di un’ispirazione letteraria forte? Oppure, nel caso di Gerda e Ginzburg, il segno di un bisogno ancora sentito di proporre modelli femminili efficaci.
Altra novità è stata, soprattutto nel precedente elenco dei semifinalisti, una presenza consistente di piccole e medio-piccole case editrici. Ed è stato avvertito nei giorni scorsi un diffuso sentimento anti-einaudiano, con l’aggravio di una sotterranea guerra intestina Einaudi-mondadori, tanto che lo Struzzo aveva fatto sapere di accontentarsi del secondo posto, con Resto qui, il romanzo di Marco Balzano, autore milanese che, già vincitore del Premio Campiello nel 2015 con L’ultimo arrivato (Sellerio), è approdato allo Strega con un romanzo sulla resistenza umana e civile nel Sud Tirolo durante la Seconda guerra mondiale, trovando consensi all’estero ancor prima della pubblicazione italiana: «L’aver vinto il Campiello — diceva l’autore, scaramantico — non mi rende più tranquillo. Sono felice del riscontro all’estero, persino in Cina hanno chiesto i diritti per tradurre l’opera. Su questo libro ho lavorato molto prima ancora di scriverlo, raccogliendo le testimonianze di chi ha vissuto i fatti narrati». La Mondadori — che ha tirato un sospiro di sollievo dopo l’esclusione del suo direttore editoriale Carlo Carabba approdato tra i 12 finalisti con Come un giovane uomo, edito da Marsilio — gareggiava con Il gioco di Carlo D’amicis, romanzo erotico che si addentra nel gioco piccante di un triangolo amoroso.
Tra i 660 aventi diritto della giuria, presieduta da Paolo Cognetti vincitore dell’edizione 2017 con Le otto montagne (Einaudi), l’incognita sembrava rappresentata dalle 200 preferenze di studiosi, traduttori, intellettuali italiani e stranieri scelti da 20 istituti italiani di cultura all’estero, ignoti ai più, irraggiungibili al cellulare, non manovrabili: tuttavia i voti all’estero avrebbero rispecchiato la prima votazione (Janeczek in testa, poi Balzano e Petrignani).
La diretta su Rai3, condotta da Eva Giovannini con la partecipazione di Giampiero Mughini, che ieri a tarda ora ha dato l’annuncio del vincitore, è partita dall’interno del Museo Etrusco di Villa Giulia dove ogni libro è stato collegato a un reperto: «Si parla sempre del Ninfeo, dove si svolge lo Strega, trascurando l’importanza del Museo», rivendicava il direttore, l’archeologo Valentino Nizzo.
Lo spoglio
I voti all’estero degli istituti italiani di cultura hanno rispecchiato le indicazioni della prima votazione che ha portato alla cinquina dei finalisti