IL PAPA RIUNISCE A BARI I CAPI DEI CRISTIANI D’ORIENTE
La crisi dei cristiani in Medio Oriente è così grave che papa Francesco ha invitato i capi delle Chiese della regione a riunirsi con lui oggi a Bari. È un gesto inedito nelle relazioni ecumeniche, rivelatore della drammaticità della situazione, tanto che si è parlato di «fine dei cristiani d’oriente». Questo mondo ha quasi due millenni di storia ed è la terra delle origini del cristianesimo. Qui, i cristiani hanno vissuto storie difficili con il dominio arabo e turco, sotto il regime islamico: sono diminuiti di numero, ma hanno resistito con tante comunità nel mondo musulmano.
Invece nel Novecento sono cominciati gli esodi. La strage degli armeni e dei cristiani nel 1915 ne è stata la prima causa. L’emigrazione ha fatto calare il numero dei cristiani nel secolo passato, ma ormai la situazione è drammatica. Prima dell’attacco americano all’iraq, i cristiani erano più di un milione: oggi sono meno di 250.000. L’attentato del 2010 alla cattedrale di Bagdad, di domenica, ne uccise 46. Nel 2014, sotto la pressione di Daesh, ben 120.000 cristiani lasciarono Mossul e la valle di Ninive. In Siria, con la guerra, i cristiani sono passati da un milione e mezzo a meno di 500.000. Una presenza cristiana più solida si trova invece in Libano (la cui stabilità politica non è scontata) e in Egitto. Qui, però, la grande comunità copta (forse otto milioni) ha molto sofferto per gli attentati terroristici alle chiese e alle persone. La domanda, che aleggia nell’incontro di Bari, è sul futuro dei cristiani mediorientali, su come aiutarli a resistere in una condizione dura.
La linea scelta, come appare dalle dichiarazioni degli organizzatori vaticani, è evitare il «vittimismo» cristiano e soprattutto denunciare come lo stato di guerra e insicurezza sia l’origine dei molteplici drammi della regione. Tutti hanno sofferto e — diceva l’intellettuale cristiano libanese Ghassan Tueni — i musulmani sono le prime vittime della violenza terrorista. Dall’incontro di Bari, viene quindi l’invito a ristabilire la pace («Su di te sia la pace» è il titolo) che, sola, garantisce le minoranze. Cosa diverrà un Medio Oriente senza cristiani? Questi sono una grande garanzia di pluralismo e un argine contro le pulsioni totalitarie dell’islam.
Una situazione così difficile ha spinto a un passo nuovo nella storia dell’ecumenismo. In passato non sono mancati incontri bilaterali tra il papa e i capi delle Chiese. Ci sono stati molti dialoghi teologici che, se hanno chiarificato alcuni aspetti dottrinali, non hanno dato i risultati sperati. Ostacoli nella mentalità dei popoli, risorgenti nazionalismi, problemi ereditati dalla storia hanno
Scelta originale Francesco ha optato per una città in cui gli ospiti si sentono a casa
bloccato quel progresso verso l’unità cristiana che si attendeva, in modo un po’ illuminista, dalla chiarificazione teologica. L’incontro di Bari è una svolta ecumenica: una specie di sinodo (anche se non si usa il termine tecnico) tra il papa e i capi delle Chiese, cui partecipano il patriarca ecumenico Bartolomeo e Ilarion, «ministro degli esteri» del patriarcato di Mosca assieme a cinque patriarchi cattolici e cinque non cattolici, nonché ai delegati delle Chiese. Quasi un mini-concilio di poche ore, imposto da un’acuta urgenza, che è un segno di unità tra i cristiani. Del resto i terroristi non chiedono ai cristiani, prima di colpirli, se siano ortodossi o cattolici: «I cristiani sono uniti nel sangue del martirio e delle persecuzioni», ha affermato papa Francesco.
L’incontro di Bari suggerisce una via ecumenica originale: altri incontri tra i leader cristiani potranno tenersi in futuro su problematiche o re- gioni diverse. Francesco ha potuto convocare questa riunione, perché negli anni del suo pontificato ha intessuto relazioni personali con tutti i leader cristiani che, tacitamente o espressamente, gli riconoscono una leadership. La sua intuizione carismatica ha prevalso ora sulle routine diplomatiche. E poi il papa non ha invitato i leader a venire a Roma, ma a ritrovarsi in una città dove gli orientali si sentono a casa per la presenza delle reliquie di San Nicola, veneratissimo nei loro Paesi. Qui i russi hanno anche una storica chiesa, restituita loro dall’italia dieci anni fa alla presenza di Putin. Bari, come Assisi per il dialogo interreligioso, si candida a essere spazio d’incontro in un mondo di cristiani che conosce le fratture dei nazionalismi, ma che soprattutto comincia a sentire la necessità di superare le sue secolari divisioni di fronte alla persecuzione.