Sotto il cielo di Milano il cuore mediterraneo batte tra ulivi e agrumi
La dimora di Gola e Jacono, lui lombardo lei siciliana Il compromesso? Un tetto (di lusso) con piante del sud
Sui tetti dello storico Palazzo Serbelloni, già luogo di fastosi ricevimenti e di ospitalità per illustri personaggi del passato (fra cui Napoleone Bonaparte), non ti aspetteresti di trovare un loft sotto il cielo di Milano e un albero di olivo sul terrazzo.
Da qui, la porta a vetrata divide l’esterno dagli interni. Ma il bello è che, varcata la soglia (l’ingresso è segnalato da un appendiabiti d’angolo), sei già nella sala da pranzo, davanti a un imponente tavolo ovale. Pochi passi ancora, lungo questo «corridoio» che divide la casa – di qua l’ampio soggiorno, di là la grande cucina – ed ecco un piccolo giardino d’inverno. Al centro, un albero d’arancio. È esattamente dalla parte opposta dell’olivo. Le due piante mediterranee si guardano a distanza. Le camere da letto, i bagni, gli spazi di servizio, chiudono l’abitazione di Andrea Gola e Gaetana Jacono.
Marito e moglie. Lui, architetto, appartiene a una nobile casata lombarda ed è discendente del pittore Emilio Gola (‘800). Palazzo Serbelloni (al 16 di corso Venezia) è un bene di famiglia. Lei, vignaiola per passione, una laurea in Farmacia nel cassetto, vanta natali siciliani, a sud est dell’isola; e con la sua attività affianca il padre, importante imprenditore agricolo: agrumi e vigne sui terreni appena ondulati. Il regno di «Valle dell’acate» (ragusa).
Gaetana e Andrea abitano «sul tetto» da una decina d’anni «Era una struttura abbandonata come altre mansarde site sopra il Palazzo, bombardato durante l’ultima guerra. Ricostruite approssimativamente con travi in cemento armato —spiega Andrea —Fatto sta che, contro il parere di mio padre e, allora, anche di Gaetana (“ma adesso sono molto contenta”, dice lei), decisi di portare a compimento il mio progetto: farne la nostra abitazione. La mia visione di architetto era forte. Mi imposi, perseguendo l’armonia negli spazi della casa che coincide con l’armonia della vita».
Insomma, Andrea non intendeva abitare secondo i canoni del «signore di Palazzo».
Bando alle formalità, largo alla modernità. Senza eccessi. Questa è una casa aperta, dove i diversi spazi dialogano tra loro. Dal tavolo da pranzo («un antico pezzo che arriva dalla famiglia siciliana») si vede perfettamente la cucina dove Gaetana ama preparare i piatti davanti agli ospiti.
«Mi piace la condivisione — nota — Racconto ciò che sto cucinando. I miei piatti forti sono la Pasta con bottarga e agrumi; il filetto di Tonno scottato al Cerasuolo di Vittoria, il gelo al limone o all’arancio». Cibi e vini (made «Valle dell’acate», ovviamente), apprezzati dagli amici.
E da Andrea, che non disdegna suggerimenti alla moglie in materia di etichette. L’ultima – creata per «Bellifolli», le bottiglie «facili» dedicate ai millennials —si ispira alle «maschere» barocche, riproposte però in chiave attuale, al pari della Sicilia che si vuole comunicare: concentrato di energia, bellezza e follia.
«Gaetana ha avuto l’idea, io l’ho elaborata, Interbrand l’ha realizzata», sottolinea Andrea.
Mix di ieri e oggi come gli arredi e l’atmosfera del loft di Palazzo Serbelloni. L’architetto Gola detesta le case «standard».
Vogliamo dire di tendenza? Persegue il contrario. Lo si coglie dall’insieme e dai dettagli: ci sono i divani disegnati da lui e qualche pezzo «firmato» da altri. C’è la lampada «Parentesi» di Flos e l’antica scrivania di Napoleone, cimelio del Palazzo nobiliare.
Un solo quadro di Emilio Gola («gli altri stanno a Olgiate Molgora, in Brianza, nella residenza dei miei genitori»), alcuni dipinti dei pittori del Gruppo di Scicli, fra cui un solare «Giovanni La Cognata», macchia di luce sopra il divano.
E tele di Giovanni Frangi, di Alejandro Quincones (artista basco) e di altri. Le più belle foto in cornice sono di Giovanni Gastel. Sulla mensola che corre lungo la parete tappezzata di libri le collezioni di conchiglie, i pezzi dall’africa. E tanto altro da scoprire. L’angolo preferito? «Non c’è», rispondono Andrea e Gaetana. Poi ci ripensano :«Forse il gradino del terrazzo all’ingresso. D’estate ci sediamo lì a chiacchierare».