Assad riprende Deraa, la culla dei ribelli
Con l’appoggio russo, dopo 6 anni, le forze lealiste siriane entrano in città. Negoziata la resa dei miliziani
«È finita, siamo circondati», ha scritto pochi giorni fa in un messaggio Mouawiya Syasneh. Sono passati sei anni e mezzo, per lui una vita intera, che ne aveva quattordici quando insieme a un gruppo di amici scrive in rosso sui muri della scuola: «Vattene Dottore», come i siriani chiamano Bashar Assad, il chirurgo oculista diventato dittatore. Assad non se n’è andato, è ancora lì al potere, da ieri ancora più sicuro di rimanerci. Dopo oltre cinquecentomila morti in tutto il Paese, ha riconquistato Deraa, la città di Mouawiya dove la rivolta è cominciata nel marzo del 2011.
L’esercito, appoggiato dalla polizia militare russa, è entrato nel centro e ha issato la bandiera siriana sul traliccio dell’ufficio postale, non lontano dalla moschea Al Omari: da qui sono partite le prime manifestazioni pacifiche, la gente in marcia a chiedere il rilascio dei ragazzini – torturati in cella – che avevano osato sfidare Assad dopo aver sentito alla televisione gli slogan urlati al Cairo o a Tripoli negli stessi mesi, era stata chiamata la «primavera araba», è finita in un altro modo.
Come altri siriani sunniti — il regime è dominato dalla minoranza alauita — Mouawiya ha finito con il prendere le armi per rispondere ai massacri, i militari hanno sparato da subito sui manifestanti: le foto più recenti lo ritraggono con la mitragliatrice e la barba incolta di chi è cresciuto con la guerra. I ribelli non hanno ancora lasciato Deraa, hanno però accettato i termini della resa negoziata dagli emissari russi: dovrebbe essere loro garantita la possibilità di raggiungere la provincia di Idlib, verso il confine con la Turchia, l’ultima area estesa sotto il controllo dei rivoltosi. Chi resta viene invece arruolato a forza nell’esercito governativo.
La vittoria non è solo simbolica. Assad sta riconquistando tutto il Sud del Paese, può garantirsi una fascia continua dalla frontiera con la Giordania fino al Mediterraneo. Adesso le operazioni sono concentrate sui villaggi a pochi chilometri dalle alture del Golan — dove resta anche una piccola sacca sotto il controllo dei fondamentalisti islamici vicini ad Al Qaeda — e dalla zona smilitarizzata che gli israeliani pretendono resti tale. Benjamin Netanyahu ha incontrato a Mosca due giorni fa Vladimir Putin — è stato il suo intervento a permettere la sopravvivenza del regime — e gli ha chiesto di garantire che i siriani rispettino le regole del cessate il fuoco stabilito nel 1974: «Per quarant’anni non è stato sparato un solo colpo sul Golan. Se continua così, non abbiamo problemi con Assad», ha commentato il primo ministro.