Le cose urgenti? Un inganno
Il cervello dà priorità a compiti che non la meritano Ecco perché la soluzione è lo «schema Eisenhower»
La ricerca
● Una serie di esperimenti di ricercatori americani pubblicati sul Journal of Consumer Research hanno dimostrato che le persone preferiscono dedicarsi ai compiti più urgenti anche se minori, a scapito di quelli più importanti, per il solo fatto che sono dotati di un termine entro il quale vanno fatti Dwight Eisenhower
Siamo tutti vittima di una sorta di illusione ottica che ci fa vedere più grandi di quello che sono le cose più prossime nel tempo. È «l’effetto della mera urgenza», come lo ha battezzato un gruppo di ricercatori americani in un articolo pubblicato nello scorso numero del Journal of Consumer Research: in una serie di esperimenti hanno dimostrato che le persone tendono «a svolgere attività urgenti che hanno un intervallo di tempo limitato per essere completate piuttosto che attività importanti dai risultati più rilevanti, perché questi ultimi sono più difficili e più lontani dall’obiettivo finale» e si comportano «come se perseguire un compito urgente abbia di per sé un’attrattiva, a prescindere dalle conseguenze».
Succede per un meccanismo ben noto agli psicologi: il nostro cervello preferisce le ricompense immediate a quelle di lungo termine, an- che se sono maggiori. Come opporsi a tutto questo? Tim Herrera sul New York Times suggerisce di rifarsi al cosiddetto «schema di Eisenhower», un metodo che si basa sulla frase del 34esimo presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower: «Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgente raramente è importante». Può aiutare a discernere quali sono le attività da compiere subito, quelle da pianificare, da delegare o da evitare.
Tutto molto razionale, insomma. Viene solo il dubbio che una volta diligentemente compilata, la matrice sia destinata a essere del tutto ignorata: farla sarà servito solo a rimandare di svolgere quel compito molto importante — ma non urgente — che ci aspetta. Funziona di più il consiglio inverso, dispensato qualche anno fa dal filosofo di Stanford John Perry, nel suo best seller The Art of Procrastination: «Procrastinare non significa non fare assolutamente niente» — spiega — al contrario i procrastinatori «fanno cose utilmente marginali, come il giardinaggio, o appuntare le matite, o tracciare una schema di come riordineranno i loro documenti appena si decideranno a farlo. E perché fanno tutte queste cose? Perché sono il modo per Sopra e a destra Chiara Bondi, 17 anni, studentessa dell’ultimo anno del liceo classico, barista stagionale a Tarquinia non fare qualcosa più importante». Per Perry, l’unico modo di convincere le persone a fare cose realmente importanti è un altro: «Che queste siano il modo di non fare cose ancora più importanti».
In fondo è per questo che l’essere umano medio ha bisogno di scadenze. «Io — dice il sociologo ed esperto di creatività Domenico De Masi —: la chiamo al sindrome di Galois». Évariste Galois era un matematico e ufficiale dell’esercito francese nel primo Ottocento. Giovane geniale, già a 17 anni aveva elaborato alcuni importanti teoremi, senza mai però metterli per iscritto. Solo quando un altro ufficiale lo sfidò a duello per la donna che si contendevano, si decise a farlo e passò la notte a scriverli. Morì impallinato il giorno seguente.
E anche se viene da chiedersi se a costargli la vita non sia stato essersi arrivato così a ridosso della deadline — come la chiamano gli inglesi — al punto di passare in bianco la notte prima del duello, oggi ci consola il fatto di avere i suoi teoremi. «La creatività — è convinto De Masi — ha bisogno dell’urgenza: ci costringe a tirare fuori le nostre risorse migliori». Tutte quelle che abbiamo per portare a termine il compito che sta per scadere. Chi sa se il rimandare tutto all’ultimo momento non sia proprio uno dei segreti della creatività italiana a dispetto del metodo anglosassone. A patto di non avvicinarsi troppo alla deadline.
Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgente raramente è importante
di Miss Italia, non ha avuto obiezioni quando Chiara le ha chiesto se poteva partecipare alla selezioni. Ammette: «È una bella ragazza, è alta un metro e 75, ha la vita stretta. Userà la protesi, e allora? Si parla tanto di corpi delle donne: bene, nella vita reale ci sono anche corpi feriti, che possono essere bellissimi».
Non è detto che Chiara passi le selezioni. Ma che bello, se riuscisse.