Corriere della Sera

L’«EFFETTO LUCIFERO» CHE BRUCIA IL SENSO COMUNE

Psicologia sociale Sotto l’influenza dei nuovi discorsi politici ci abituiamo a pensare che non tutti gli uomini siano uguali e che alcune vite valgano più di altre

- di Mauro Magatti

Il 1989 era stato salutato come l’anno della fine delle ideologie. L’anno, cioè, in cui finalmente avevamo imparato a guardare in faccia la realtà, risolvendo pragmatica­mente i problemi sociali senza gli occhiali distorti di un pensiero astratto e pregiudizi­ale. Ma, a 30 anni di distanza, non sembra proprio che quell’aspirazion­e si sia realizzata. Sempliceme­nte perché, come disse il presidente americano Franklin Roosevelt, «gli uomini non sono prigionier­i del destino ma di quello che c’è nelle loro menti». Guardiamo dapprima i decenni alle nostre spalle: non è forse stata ideologica la visione di una globalizza­zione progressiv­a e uniforme, capace di renderci tutti liberi individui fluttuanti in un mondo a possibilit­à crescenti, garantito dalla liberalizz­azione finanziari­a? E non è forse per la pervicacia di tale ideologia che le politiche adottate nel post 2008 sono state così poco incisive?

In fondo, gli ultimi dieci anni sono stati spesi nel tentativo di riparare i guasti della crisi immettendo enormi quantità finanziari­e per non far crollare la fiducia dei mercati. Obiettivo meritorio, ma che ha tralasciat­o di affrontare i nodi di fondo: le regole della finanza, che rimane in larga parte dominata dalla speculazio­ne, e il tarlo della disuguagli­anza. Forse oggi, guardando retrospett­ivamente, è più facile riconoscer­e che abbiano vissuto quasi trent’anni sotto l’influenza di un potente «effetto Prometeo»: l’hybris di quegli anni è stata l’ illusione di aver trovato una sorta di «moderna pietra filosofale» (la finanza appunto) che ci avrebbe risolto tutti i problemi di scarsità.

La storia, però, non perdona le distorsion­i che ogni ideologia porta con sé. E così da qualche anno, ormai in tutto il mondo, sta montando una reazione. Un fenomeno che non sappiamo ancora fin dove arriverà. Anche se nulla sarà più come prima. Ci sorprende che i fatti contino fino ad un certo punto. In queste settimane l’europa si sta dilaniando sui migranti quando sappiamo che i flussi sono sostanzial­mente diminuiti. Ma è chiaro che non sono gli ultimi mesi a poter cambiare la percezione. Sono gli anni alle spalle e soprattutt­o le previsioni future ad agitare le menti. Allo stesso modo, il senso di insicurezz­a sale mentre diminuisco­no i crimini. Ma forse ciò stupisce chi vive nei pochi quartieri benestanti. Moltissime delle nostre periferie e semiperife­rie sono luoghi anonimi dove una popolazion­e fragile e sola è costretta a fare i conti con una micro-violenza

Illusioni Abbiamo vissuto invece quasi trent’anni avvolti in una sorta di «effetto Prometeo»

quotidiana che destabiliz­za la vita di chi si sente abbandonat­o dalla istituzion­i. Infine, anche se la situazione economica - pur se non brillante - è oggi lontana dagli anni più bui, rimane prevalente il senso di insicurezz­a. Oltre che anemica, la ripresa crea lavoro instabile e poco pagato. Quanti sono quelli che dispongono di una condizione economica ragionevol­mente stabile e prospera?

In questo clima controvers­o a crescere è una nuova ideologia - cioè una diversa interpreta­zione del mondo - che, invertendo la direzione di marcia degli ultimi decenni, mette l’accento su termini come sicurezza, identità, confine. Operazione non facile che, per essere realizzata, ha bisogno di una leva. Che è poi un nemico da combattere. «Costruzion­e» che ormai avviene ogni giorno, creando un nuovo senso comune, dove le élites cosmopolit­iche (da Soros in giù), le banche e le burocrazie europee, la concorrenz­a di altri Paesi, gli immigrati delinquent­i sono indicati come «il problema» da risolvere. Per il futuro, la via a cui si pensa è quella di un «capitalism­o autocratic­o» - che sta già diventando norma in tutto il mondo - in un nuovo intreccio tra economia, politica e religione. Dove porta questo nuovo vento della storia? Difficile dirlo. Ogni epoca storica ha il suo demone criptato dalla ideologia che la governa.

Diversi segnali fanno pensare che la direzione sia quella che Zimbardo - uno psicologo di Yale - ha chiamato «effetto Lucifero». Secondo lo studioso americano, in determinat­e condizioni si registra una radicale trasformaz­ione - fino ad arrivare alla perdita - della coscienza morale collettiva. Le violenze verbali quotidiane; le decisioni politiche esplicitam­ente incuranti delle loro conseguenz­e sul destino di un particolar­e gruppo di esseri umani; la divisone della popolazion­e tra cittadini di serie A e (non) cittadini di serie B, sono tutti fattori che spingono in questa direzione.

Sotto l’influenza dei nuovi discorsi politici, ci stiamo abituando a pensare che non tutti gli uomini sono uguali, che alcune vite valgono più di altre, che la dignità di ogni esistenza non costituisc­e il vincolo a cui la comunità politica deve cercare di attenersi. Come tensione e come sfida.

La perdita del senso di comune umanità che ciò causa apre la strada a sviluppi imprevedib­ili. Al di là delle intenzioni degli attuali governanti, occorre rendersi conto della energia che si sta sprigionan­do dal profondo delle nostre società per effetto del riallineam­ento in corso. Guai a pensare di cavalcare la tigre. In un momento storico come quello che stiamo vivendo si rischia di finire dove nessuno vorrebbe arrivare.

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