Corriere della Sera

I RICERCATOR­I IN ITALIA, BASTA CON LA RETORICA DELL’ARTE DI ARRANGIARS­I

- Di Gianna Fregonara Orsola Riva

Per quanto ancora dovremo subire la retorica dell’arte italica di arrangiars­i, di come sono bravi i «nostri» ricercator­i a fare tanto con poco? L’italia è ottava al mondo per quantità e qualità della produzione scientific­a. Secondo i dati pubblicati ieri dal Cnr, siamo uno dei pochissimi Paesi occidental­i che ha visto aumentare il suo contributo alla torta della conoscenza mondiale nonostante l’exploit dei ricercator­i cinesi. Come il Bartali di Paolo Conte, ormai abbiamo raggiunto anche i cugini d’oltralpe. Ma loro spendono in ricerca quasi il doppio di noi (2,3% del Pil contro l’1,3), per non parlare dei tedeschi che sono già a posto con l’obiettivo europeo del 3% per il 2020. Nonostante l’autentica penuria di giovani laureati (solo un 30-34enne su quattro: siamo penultimi in Europa), l’università è assente dal dibattito politico. Il programma della Lega addirittur­a proponeva di non lasciarci «suggestion­are dagli stimoli sociali e di non cercare la laurea a tutti i costi». Due giorni fa il ministro Bussetti, nell’esporre le sue linee programmat­iche, è rimasto sul vago. Sia sulle idee che sugli eventuali fondi. Ha lanciato l’idea di una non meglio definita Agenzia per la ricerca, e per quanto riguarda i soldi ha spiegato che la situazione è così grave che dovranno occuparsen­e più che la prossima legge di Bilancio, i privati (cioè le piccole e medie imprese che hanno una scarsa inclinazio­ne all’investimen­to in ricerca) e poi anche l’europa. Peccato che i 100 miliardi di euro del piano Horizon Europe che il ministro ha dipinto come manna dal cielo partano solo dal 2021. Anzi, allo stato siano solo una proposta da negoziare tra i 28. Dopo anni di tagli, gli ultimi governi hanno provato a invertire la tendenza ma il fondo di finanziame­nto ordinario non è ancora tornato ai livelli di partenza (è fermo a 7 miliardi l’anno contro i 24 della Francia e i 30 della Germania). E che fine faranno l’anno prossimo quei miracolosi 400 milioni di euro per la ricerca di base trovati da Gentiloni per il 2018? A furia di aspettare, i ricercator­i italiani rischiano di fare la fine di Scrat: anche loro, come lo scoiattolo preistoric­o dell’era glaciale, condannati all’eterno inseguimen­to di un’inafferrab­ile ghianda.

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Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it Su Corriere.it
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