Corriere della Sera

Forgioli, l’arte di raccontare il vero Omaggio ai sedici martiri di Alagna

Otto carabinier­i e otto partigiani furono fucilati dai nazifascis­ti nel 1944 in provincia di Vercelli

- di Stefano Bucci

Hanno qualcosa delle sagome senza tempo di Alberto Giacometti (L’homme qui marche, la Femme de Venise) ma anche delle 5 grandi sculture in legno che circondano il gigantesco autoritrat­to in gesso di The Flowering Sheets/ Poet Singing, opera totale di Jim Dine, esposta lo scorso febbraio all’accademia Nazionale di San Luca, a Roma. Sono le 16 sculture che Attilio Forgioli (Salò, Brescia, 1933) ha realizzato in ricordo degli 8 carabinier­i e degli 8 partigiani fucilati dai nazifascis­ti nel 1944, un’installazi­one che fisicament­e occupa il luogo stesso dell’eccidio, lo spazio retrostant­e la Chiesa di Alagna (Vercelli). E che completa il percorso della mostra

Alagna, 14 luglio 1944 (a cura di Arturo Carlo Quintavall­e) che, nell’istituto per la storia della Resistenza di Varallo (Vercelli), ospita fino al 2 settembre un ricco repertorio di dipinti e pastelli. Tutti, o quasi, giocati sui «simboli». Della stele, del reliquiari­o, dell’elmetto, dell’arma e dei partigiani.

Quello di Attilio Forgioli è il racconto di una storia che si intreccia con il dolore e la memoria che attraversa­no un luogo amatissimo dall’artista, la Valsesia, la stessa di Emilio Tadini, Gianfranco Pardi, Alik Cavaliere, Lello Castellane­ta, Gustavo Bonora, Mino Ceretti: «Da quando conobbi questa valle, dove ho una casa in un’alta frazione di Alagna, scendo a piedi nel paese, oltrepasso le mura del cimitero e la chiesa per arrivare in una piccola piazza. Sulle alte pareti del cimitero — spiega oggi Forgioli al “Corriere” — ci sono 16 piccole croci con i nomi e la data in cui erano nati e furono fucilati contro quelle mura, il 17 luglio 1944. Accanto, appese, 16 stele funerarie tolte nell’ottocento dal pavimento della chiesa sembrano voler confermare che è un luogo da ricordare nella storia degli abitanti di questo paese».

Da sempre Forgioli ha il vizio di raccontare il vero: nel 1961 va a Parigi e quando scopre che la polizia ha buttato corpi di algerini uccisi nella Senna, lui il fiume «lo dipinge con delle forme scure, affioranti»; va a Berlino appena dopo la costruzion­e del muro «e dipinge una figura in jeans che passa un limite»; infine dipinge la guerra del Vietnam e gli elicotteri «come rapaci che volano alto in vortici cupi di spesso colore». Stavolta, dopo aver ritrovato 16 assi di grande spessore, le ha sagomate, ha ritagliato un cerchio per la testa, poi le ha trapassate di fori, per rappresent­are le pallottole «che penetrano nella carne degli 8 carabinier­i e degli 8 partigiani». Reinventan­do in qualche modo le figure di Alberto Giacometti alla maniera di Jim Dine: ancora una volta con tanto colore, perché «la memoria è colore».

Per questa esposizion­e, Attilio Forgioli ha realizzato un centinaio di studi, una trentina di quadri («In uno dei primi ho cercato di rappresent­are la donna che aveva tradito, una donna che, mi hanno raccontato, aveva due occhi bellissimi ma pieni di un grande dolore») e le 16 sagome dell’installazi­one.

Senza nessun compiacime­nto nè desiderio di stupire, piuttosto inseguendo un’idea etica dell’arte: «Non può essere estraneo a noi, alla memoria del cittadino italiano contempora­neo, quel sangue piemontese, lombardo, veneto,toscano, campano, siciliano che si mescolò nel groviglio di corpi inerti inumati nella fossa comune; sangue di carabinier­i e di partigiani, di uomini che pagarono così l’anelito a una libertà di cui avrebbero goduto altri, i sopravviss­uti, e di cui godono ancora le attuali generazion­i, che, troppo spesso insensibil­i e irriconosc­enti, trascurano di chiedersi quale origine abbia il loro mondo libero e democratic­o».

Legno

Lo scultore ha lavorato su assi di grande spessore trapassand­ole di fori

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L’installazi­one realizzata da Attilio Forgioli nel cortile della Chiesa parrocchia­le di Alagna (foto Pino Mongiello)
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