Corriere della Sera

La festa è finita? Russi preoccupat­i

- di Fabrizio Dragosei

Poliziotti sorridenti che si offrono di dare informazio­ni e non perquisisc­ono nessuno nella metropolit­ana, soprattutt­o i passeggeri di colore. Tolleranza con tutti, anche con i tifosi che girano per il

centro delle città a torso nudo o si buttano nelle fontane; un clima di grande amicizia e apertura verso il resto del mondo. I normali cittadini hanno riempito il web di quella che per molti è stata una scoperta. «Siamo normali! Siamo anche noi come tutti gli altri!». Ma da lunedì prossimo, finiti questi Mondiali che hanno fatto sentire i russi veramente europei, le cose rimarranno così? È stata percorsa una strada di non ritorno? O, come pensano i più pessimisti, si tornerà al solito modo di fare, a quello che qui chiamano «obydennost», cioè al «come sempre»? Un segnale positivo è venuto dalla Duma, la Camera bassa del parlamento, che ha deciso di rinviare di un anno l’approvazio­ne di una discussa legge che punirebbe con quattro anni di reclusione coloro che danno applicazio­ne alle misure decretate da Unione europea e Stati Uniti contro la Russia. Proprio ieri però Vladimir Putin ha firmato il decreto che proroga fino al 2019 le contro-sanzioni che colpiscono prodotti agricoli e alimentari europei e americani. Allora, qual è la Russia che verrà? Un qualche chiariment­o, forse, lo avremo di nuovo lunedì, sempre dopo la finale del Mondiale, quando il presidente russo incontrerà Donald Trump a Helsinki per il primo vero vertice tra i due.

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