Comanda sempre Mamma Serena
Wimbledon, a 10 mesi da una gravidanza complicata la Williams cerca l’ottavo titolo
LONDRA Un anno fa era incinta, a settembre affrontava le complicazioni di un parto difficile («Cesareo complicato, seguito da quattro operazioni in cui ho perso molto sangue»), a dicembre ricominciava a colpire palline su un campo periferico della Florida e domani, la super mamma che sui social chiede ai suoi 25 milioni di follower consigli sulla prima dentizione della piccola Olympia, giocherà la finale di Wimbledon. La decima della carriera (7 titoli), la 30ª Slam (23 titoli), perché qui non si parla di una mamy normale ma di Serena Jameka Williams, quinta figlia di Richard, 37 anni il 26 settembre e più vite di un gatto.
A dieci mesi dalla gravidanza è sovrappeso, ha il seno gonfio per la mastite (conseguenza dell’allattamento) e le gambe grosse che l’abituccio Nike, dominato dai mutandoni bianchi imposti dalla policy di Church Road, non riesce a nascondere. Questo è il suo quarto torneo post partum. Dilemma. La Williams puerpera in finale a Wimbledon significa che il tennis femminile è ridotto ai minimi termini oppure che Serenona è un fenomeno della natura? Parliamone.
In una letteratura sportiva piena di mamme vincenti — da Fanny Blankers Koen (4 ori a Londra 1948) a Evonne Goolagong, da Josefa Idem a Margaret Court (che l’americana proverà ad agganciare a quota 24 Slam), da Valentina Vezzali a Kim Clijsters, da Paula Radcliffe a Elisa Di Francisca —, Serena Williams è la vincitrice seriale che prova ad allungare una leggenda scritta sotto i nostri occhi: nel 2002, primo trionfo contro la sorella Venus, era una ventenne acerba con l’acconciatura rasta; nel 2018, finale-bis contro la tedesca Kerber (è la rivincita del 2016), è la moglie del nerd bianco miliardario Alexis Ohanian, fondatore del social Reddit, e l’amica intima di Meghan Markle, fresca sposa del principe Harry (Serena ha partecipato al matrimonio), che ha garantito la presenza nel Royal Box.
La Williams, insomma, è molto più di una madre che torna in ufficio dopo la gravidanza, il messaggio che manda a milioni di donne afroamericane e non ha la gittata di una cartolina spedita da Londra al mondo («Ragazze, se ce l’ho fatta io tutto è possibile»), comunque vada continuerà finché il record assoluto di Slam finirà nel suo baule Vuitton, intoccabile per chiunque («Non mi pongo limiti»). La forma fisica, l’eleganza, la grazia (che pure a Serena, fuori dal campo, non manca) sono suppellettili di una storia che ha un cuore potente e non è colpa di Serena se nessuna, fin qui, nemmeno Camila Giorgi che è stata l’unica a strapparle un set (ieri in semifinale facile vittoria sulla Georges per 6-2, 6-4), è riuscita ad approfittarne. «Sono fiera di essere considerata un modello — ha cinguettato lei ieri con occhi bistrati da pantera —. Questo è il mio Wimbledon più duro ma anche il più gioioso: Olympia ha mosso i primi passi a Londra la settimana scorsa, mentre mi allenavo». Se questa è una favola, presto gattonerà sul centrale davanti a zia Meghan. E non sarà affatto the end.