Corriere della Sera

La bimba appena sbarcata che chiede alla dottoressa: «Aiuta prima la mamma»

- di Virginia Piccolillo

TRAPANI La bimba coraggio ha solo quattro anni. Ma è lei che implora la dottoressa: «Aiuti la mia mamma?». La donna è lì accanto. Ha lo sguardo nel vuoto, non muove le gambe e non parla. La piccola è smagrita e riarsa dal sole, ma insiste: «Fai presto». Ha commosso il pronto soccorso di Lampedusa quello scricciolo nero sbarcato dalla nave di Frontex. Era lei che si prendeva cura di sua madre, una donna disidratat­a e in gravi condizioni che ha fatto appena in tempo a chiedere per la bambina del cibo, e poi ha perso le forze.

Non era l’unica in quelle condizioni. C’era una ragazza di diciassett­e anni in gravidanza, consolata da una sua amica. «Abbiamo avuto tanta paura — raccontano tutti — siamo stati in mare due giorni senza acqua e senza cibo. Pensavamo di non farcela».

Non sembra il solito stato di disidrataz­ione e di stanchezza in cui arrivano i migranti. Stavolta i corpi ossuti e gli occhi spenti dei 450 migranti trasbordat­i da quel barcone sui due pattugliat­ori della Guardia di finanza e di Frontex raccontano qualcosa di più. Le storie del lager. «Veniamo dalla Libia. Siamo stati lì un anno e mezzo. Ci facevano lavorare come schiavi. Non potevamo fuggire. Picchiavan­o tutti. Anche i bambini. E di quei piccoli «tanti sono stati torturati», dicono i migranti al personale sanitario che si è preso cura di loro a Lampedusa, a Palermo e nell’ospedale di Modica. «Vederli così — ha raccontato un’infermiera del poliambula­torio di Lampedusa — ci porta alla mente gli effetti dei campi di concentram­ento tedeschi della seconda guerra mondiale, tanto sono importanti gli stati di denutrizio­ne e di disidrataz­ione. Uno dei ragazzi che parla un po’ di inglese ci ha raccontato che per diversi mesi hanno potuto mangiare solo trenta grammi di pasta al giorno e nient’altro».

A Modica, invece, l’intervento del sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, ha risolto il dramma di una migrante che era stata separata dai suoi bambini. «Era arrivata all’ospedale una ragazza di circa 20 anni e 40 chili in uno stato preoccupan­te — racconta il primo cittadino che è anche il primario del nosocomio —. Non mangiava da parecchi giorni, non beveva, aveva uno squilibrio idroelettr­olitico e una crisi ipoglicemi­ca. Non ce la faceva nemmeno a stare in piedi. Dalla nave però ci è stato segnalato che erano rimasti a bordo i due figli, uno di pochi mesi e l’altro di un paio d’anni. Così è iniziata un’interlocuz­ione tra ministero e prefettura per ricomporre il nucleo familiare. E alla fine abbiamo concordato che era importante non separarli. Un’assistente sociale è andata a prenderli e potranno riabbracci­are la mamma», spiega il sindaco, mentre arrivano da bordo altre segnalazio­ni di tre ragazzi in gravi condizioni.

«Se le istituzion­i riescono a fare squadra al di là delle opinioni di ciascuno — aggiunge Ammatuna — si riesce a risolvere tutto. Noi siamo pronti a fare la nostra parte». Lo dice anche il medico di Lampedusa Pietro Bartolo: «Sono persone come noi. Non devono spaventare. Ne vediamo tanti. Ma questa bambina ci ha colpito. La madre ha un problema alla schiena e lei si vede che è abituata a prendersen­e cura. Ora l’abbiamo affidata a una nostra dottoressa giovane che l’ha accudita ed è tornata a sorridere. I bambini sono così. Si fidano di noi».

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