«No alla liberalizzazione dei voucher L’articolo 18? Attendiamo la Consulta»
Il super consulente di Di Maio: i posti persi sono solo un’acrobazia probabilistica
«Mi pare un’acrobazia probabilistica». Ma è contenuta nella relazione tecnica. «È un’ipotesi inverosimile e facilmente confutabile». Pasquale Tridico, professore di Economia del Lavoro all’università Roma Tre, è il consigliere esperto di Luigi Di Maio. Era lui il ministro del Lavoro nella squadra presentata dal M5S prima delle elezioni. E ha seguito passo dopo passo la stesura del decreto Dignità, con quella stretta sui contratti a termine che, secondo la relazione tecnica, potrebbe far perdere 80 mila posti di lavoro nei prossimi dieci anni.
Non sono un teorico di complotti Ma come si fa a stabilire che nel 2o28, in 8.000 non verranno assunti?
Se è un’ipotesi inverosimile perché è contenuta nella relazione? E chi l’ha scritta?
«Noi non l’abbiamo scritta, è arrivata da Inps e Ragioneria generale dello Stato la sera prima che venisse inviata al Quirinale. Io non sono complottista ma come si fa a stabilire che, nel 2028, 8.000 persone non verranno assunte? Chi ha la capacità per fare una previsione del genere? Allo stesso modo si potrebbe ipotizzare che tutti quei contratti a termine, superata la nuova scadenza dei due anni, vengano trasformati in contratti a tempo indeterminato».
E perché dovrebbe accadere?
«È la domanda aggregata insieme agli investimenti a determinare l’occupazione, non le ipotesi sul tipo di contratto. E inoltre, quando il decreto arriverà in Parlamento per la conversione in legge, dovrebbe essere aggiunto un incentivo alle assunzioni stabili».
Ma per ora quell’incentivo non c’è. E in ogni caso sarebbe una spesa aggiuntiva per lo Stato.
«Dipende da che tipo di incentivo fai. L’idea è introdurre una clausola di trasformazione automatica: se un’azienda trasforma un contratto a termine in un contratto stabile, recupera il contributo aggiuntivo dello 0,5% che abbiamo inserito per ogni rinnovo. Così il costo per lo Stato sarebbe minimo, mentre la spinta verso i contratti stabili viene rafforzata, e ciò porta più gettito e più consumi».
Non sarebbe una contraddizione reintrodurre i voucher in un decreto che vuole contrastare la precarietà?
«Sveliamo un mistero che non è un mistero. Già adesso i voucher esistono e sono utilizzabili per pensionati, studenti e disoccupati».
Ma la Lega preme per allargare il loro utilizzo.
«Non mi sembra ci sia intenzione di liberalizzare i voucher e tornare alla situazione precedente, per renderli uno strumento sostitutivo dei normali contratti di lavoro. Ci può essere una semplificazione, necessaria, una facilità di accesso allo strumento».
Nel programma del M5S, però, si parlava di ritorno dell’art. 18. Resta un obiettivo?
«Entro ottobre arriverà la sentenza della Corte costituzionale proprio sulla cancellazione dell’articolo 18 arrivata con il Jobs act. Aspettiamo di vedere cosa dirà».
A proposito di Corte, nel decreto c’è anche il divieto di pubblicità sui giochi. I contratti in essere, vista la corsa alla firma negli ultimi giorni, decadranno dopo un anno. Non c’è il rischio di incostituzionalità?
«L’obiettivo di quella norma è tutelare le persone più vulnerabili, che in molti casi sono rovinate proprio dalle scommesse nelle nostre periferie. Mi auguro e credo che anche la Corte sarà in sintonia con le esigenze collettive».
E sul taglio delle pensioni d’oro? Non vengono violati i diritti acquisiti?
«La misura allo studio, che dovrebbe concretizzarsi in un disegno di legge parlamentare, è un ricalcolo contributivo solo della quota di pensione al di sopra di una certa soglia. I risparmi saranno destinati alle pensioni più basse».
Ma i ricorsi ci saranno: si parla di un taglio del 10-12%.
«Parliamo solo di pensioni non coperte dai contributi. In Italia ci sono 5 milioni di poveri, alcuni privilegi sono ormai anacronistici. Penso che la Corte possa mettersi in sintonia con una situazione sociale mutata nel tempo, anche cambiando orientamento rispetto al passato: pensate a cosa è successo con il divorzio o con l’aborto. La giurisprudenza si evolve anche in funzione di esigenze collettive, equitative o culturali».
Con l’obbligo di restituire i contributi pubblici per le aziende che delocalizzano non c’è il rischio di allontanare gli investitori?
«Si dice che c’è un deficit di democrazia, un problema di disuguaglianze crescenti nel capitalismo finanziario. Ma all’atto pratico cosa vuol dire, come lo si traduce quando si scrive un provvedimento? Credo che, come dice l’economista Dani Rodrik, i governanti debbano recuperare il “populismo economico” e regolare la globalizzazione: cioè confrontarsi con la globalizzazione e la finanza guardando anche alle diseguaglianze, aumentate in questi anni, e all’impatto del progresso tecnico sull’occupazione, magari riducendo i tempi di lavoro in alcuni settori».
Le aziende che stabilizzeranno i precari potranno recuperare il costo aggiuntivo dei contratti a termine
I ricorsi sulle pensioni d’oro? I giudici si mettano in sintonia con la mutata situazione sociale