Corriere della Sera

Pd, tutti contro tutti sulla segreteria Martina Calenda: un suicidio

Il segretario chiede unità ma anche i renziani attaccano

- Maria Teresa Meli

Sembrava una non notizia quella che l’altro ieri veniva dal Pd, ossia la costituzio­ne della nuova segreteria dell’era Martina. Infatti è un organismo dirigente destinato a durare qualche mese, fino al congresso straordina­rio che si terrà tra febbraio e marzo. Ma ecco che il giorno dopo quell’annuncio in casa democratic­a è scoppiato il putiferio. E il Pd, invece di puntare i riflettori sulle difficoltà di Di Maio e del suo decreto dignità, come ci si aspettereb­be dall’opposizio(dal ne, ha mandato in scena le proprie divisioni. «Tafazziani eravamo e tafazziani siamo rimasti», ha commentato con amara ironia un parlamenta­re dem di alto rango.

Con maggior sobrietà Martina ha chiosato: «Sono polemiche sbagliate tanto più oggi che il governo sta mostrando tutta la sua inadeguate­zza e noi dobbiamo combatterl­o uniti». Polemiche all’apparenza anche inspiegabi­li visto che in segreteria sono rappresent­ate tutte le correnti, dai fedelissim­i dell’ex segretario Moro e Nannicini) agli orlandiani, passando per i franceschi­niani, i renziani fuori del giglio magico (Ricci) e quelli in cerca di un nuovo collocamen­to, magari con Zingaretti (Madia).

Ad aprire le danze in mattinata è stato Emiliano. Ieri sera Francesco Boccia aveva accettato l’offerta di Martina di entrare in segreteria ma meno di 24 ore dopo ha dovuto fare un passo indietro perché il suo capocorren­te, cioè il governator­e della Puglia ha annunciato via social che non si poteva accettare quella proposta. Quindi è stata la volta di Calenda, che sul suo amatissimo Twitter ha lanciato l’hashtag #Harakiripd attaccando frontalmen­te il segretario e proponendo la discesa in campo di Gentiloni, nonché di Renzi, e invitando il popolo dem a farsi sentire per salvare dalla «narcosi» il partito: «L’unica cosa da fare in questo momento è che chiunque abbia votato Pd e ritenga questa segreteria non adeguata prenda e lo scriva a Martina. Mail, Facebook, Twitter, qualsiasi cosa».

È stato soprattutt­o questo invito alla rivolta dell’ex ministro dello Sviluppo economico ad amareggiar­e il neo leader: «La mia — ha spiegato — è una segreteria aperta e plurale e le persone che vi sono dentro meritano fiducia, certe polemiche mi hanno veramente colpito». Ma a sera i renziani, che per tutto il giorno avevano borbottato senza però esprimersi mai ufficialme­nte, mandano avanti il capogruppo al Senato Marcucci: «Questa segreteria è un passo indietro».

Anche gli uomini dell’ex premier dunque attaccano. Eppure all’organizzaz­ione, è andato un renziano, nonché fedelissim­o di Luca Lotti, cioè Dal Moro. E, come è noto, quella è una postazione fondamenta­le in vista del congresso. Perché allora pure i renziani si scatenano contro Martina? «Perché ci aveva promesso la Bellanova vice, aveva detto “vi do la mia parola” e poi è venuto meno ai patti», spiegano alcuni di loro. Ma chissà che la verità non sia un’altra: i renziani, viste le polemiche, si sono accodati per tenersi le mani libere nei confronti di Martina. Così sono svincolati. Senza però rinunciare al ruolo chiave dell’organizzaz­ione.

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