Corriere della Sera

Il vertice delle ombre (e degli affari) Trump e Putin pronti al faccia a faccia

Domani a Helsinki i due leader s’incontrano dopo mesi di sospetti. Il peso degli apparati

- DAL NOSTRO INVIATO Giuseppe Sarcina

LONDRA Potrebbe essere un vertice storico o uno storico fallimento. L’unico dato certo, per ora, è che domani a Helsinki non si confronter­anno solo Donald Trump e Vladimir Putin, ma anche mesi di accuse reciproche, di sospetti, di ombre, di business personali. Difficile trovare il precedente di un summit così importante e, nello stesso tempo, così opaco.

Il presidente americano si presenta all’appuntamen­to lasciandos­i alle spalle i campi da golf del suo club a Turnberry in Scozia, dove la premier Nicola Sturgeon lo ha evitato, preferendo­gli il Gay pride di Glasgow.

Il leader russo, invece, ha fatto sapere di aver lavorato molto «sull’agenda», incontrand­o diversi governanti del Medio Oriente: probabilme­nte l’idea è partire da dossier come l’anti terrorismo e la Siria su cui un dialogo tra le parti è stato comunque abbozzato dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dal Segretario di Stato, Mike Pompeo.

A Washington l’intero apparato dei servizi segreti, il Pentagono e il Congresso, senza distinzion­e tra democratic­i e repubblica­ni, sono convinti che Putin e la Russia rappresent­ino la «minaccia numero uno» per la sicurezza dell’occidente. Ma l’unanimità è spezzata dalla figura più importante: il presidente degli Stati Uniti. Sarà lui a sedersi faccia a faccia di fronte «a Vladimir», che ha definito «un competitor», non «un nemico». Anche ieri Trump si è speso per arginare l’impatto dell’ultima mossa clamorosa del Super Procurator­e Robert Mueller che indaga sul Russiagate: l’incriminaz­ione di 12 agenti del Gru, il servizio segreto militare del Cremlino, accusati, tra l’altro, di «cospirazio­ne contro la sicurezza degli Stati Uniti» per aver interferit­o nella campagna elettorale del 2016.

«Questa storia si è sviluppata durante gli anni di Obama. Perché Obama non ha fatto nulla? Perché pensava che la corrotta Hillary avrebbe vinto le elezioni. Ecco perché», ha twittato il presidente, con la stessa logica usata qualche giorno fa per «spiegare» l’annessione russa della Crimea nel 2014: «Obama lo ha consentito, io non lo avrei mai permesso». Manca la controprov­a, naturalmen­te. Così come mancano ancora i riscontri all’ipotesi di «collusione» tra il clan del presidente e i russi. In passato Trump ha intrecciat­o rapporti di affari con oligarchi e businessme­n chiarament­e legati al Cremlino. Ieri il Financial Times ha ricostruit­o la vicenda della Trump Tower di Toronto. Ma i legami sono molteplici. C’è per esempio, quello con Aras Agalarov, diventato miliardari­o grazie alla costruzion­e di grandi infrastrut­ture commission­ate da Putin.

Secondo le indiscrezi­oni Mueller starebbe indagando anche sullo scambio di mail tra gli uffici di Mosca della Trump Organizati­on e il team del candidato repubblica­no a Manhattan: possiamo concludere molti affari qui in Russia. Era la primavera del 2016.

E così la crisi siriana, l’iran, l’ucraina, i trattati sul controllo degli armamenti, a medio e lungo raggio, si mescolano con il groviglio degli interessi personali di Trump e di Putin. Vedremo che cosa ne risulterà.

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500 milioni di dollari l’investimen­to per costruire, a partire dal 2007, la Trump Tower di Toronto, in Canada Vetri a specchio La Trump Tower di Toronto: non è chiara l’origine dei finanziame­nti per costruirla
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