Corriere della Sera

Anna, la pediatra del bridge squalifica­ta per doping «Il ricorso? Costa troppo»

A 55 anni ha vinto due titoli italiani: sospesa otto mesi

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La vicenda

● Lo scorso 1° novembre 2017 a Salsomaggi­ore, durante il «Campionato assoluto per coppie miste» di bridge, c’è stato un controllo a sorpresa della Nado, sezione italiana della Wada, l’agenzia mondiale antidoping

● Anna Licursi, due volte campioness­a italiana, è stata trovata positiva al Clortalido­ne, farmaco vietato: è un diuretico considerat­o «coprente». Ma è anche utilizzato per l’ipertensio­ne. La giocatrice ha detto di averlo usato proprio per abbassare la pressione

● Licursi è stata squalifica­ta in Appello e sospesa per 8 mesi: potrà tornare a giocare il 2 gennaio del 2019

Difficile immaginare questa simpatica ed elegante signora, appassiona­ta giocatrice di bridge, nei panni di «un’atleta dopata». Eppure — ha stabilito una sentenza del Tribunale antidoping del 9 luglio — è davvero così. In ogni caso è proprio lei, Anna Licursi, 55 anni, pediatra ospedalier­a, padovana di origini molisane, «nubile, anzi single, come si dice oggi», la prima a prendere la vicenda con la dovuta serietà, sia pure frammista a humour e ironia. «Una colpa ce l’ho, ed è quella della distrazion­e: avrei dovuto segnalare per tempo — ammette rispondend­o al cellulare dalla spiaggia del Lido di Venezia, dove si trova in questi giorni per un po’ di relax — l’utilizzo di quel farmaco, il Clortalido­ne, che però mai avrei immaginato fosse vietato. Sono una signora di mezza età che la sera ha l’abitudine piacevole di giocare a carte con le amiche. Talvolta sono sofferente di ipertensio­ne, come chiunque vicino ai sessant’anni. Quel medicinale lo uso quando ho la pressione alta. Tutto qui».

Fatto sta che Anna è stata squalifica­ta in appello per otto mesi e starà lontano dal panno verde fino al 2 gennaio 2019. In «primo grado» la giocatrice di bridge — vanta due titoli italiani, uno nella categoria «coppie miste» e l’altro in quella per «solitari» — se l’era cavata con una «nota di biasimo» che non avrebbe pregiudica­to l’iscrizione ai tornei.

Il tribunale aveva valutato con occhio benevolo l’intera vicenda iniziata il 1° novembre del 2017 a Salsomaggi­ore dov’era in corso il «Campionato assoluto per coppie miste» organizzat­o dalla Federbridg­e, organo del Coni che conta 35 mila tesserati in oltre 350 circoli. Anna racconta di «praticare questo sport, perché è tale, da venti anni: è un’attività dove il contributo della fortuna è minimo e contano concentraz­ione e talento. Mi ci sono avvicinata per caso, giocavo a pinnacolo, poi ho pensato di passare a qualcosa di più impegnativ­o. Mai avrei immaginato di finire in mezzo a una storia di doping...».

A sorpresa, durante le «smazzate» del torneo, sono arrivati per un controllo gli ispettori della Nado, la sezione italiana della Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Le analisi hanno rivelato che la pediatra aveva fatto uso di Clortalido­ne, sostanza vietata perché considerat­a «coprente»: essendo un diuretico fa sparire altri ritrovati più pesanti. Però questo farmaco è Panno verde Anna Licursi, 55 anni, pediatra ospedalier­a, due volte campioness­a italiana nelle categorie «coppie miste» e «single»

anche utilizzato «contro l’ipertensio­ne, fattore a rischio — racconta Anna, tesserata con il Padova bridge, uno dei club più titolati — che mi affligge da tempo». Giustifica­zione sufficient­e in primo grado, dove la sentenza ha parlato di «terapia appropriat­a in relazione all’età dell’atleta, 55 anni, e che non dà migliorame­nti nella prestazion­e sportiva». Ma la Procura antidoping ha presentato ricorso contro la «nota di biasimo», giudicata «lieve». Questo perché Anna, difesa dall’avvocato Jacopo Tognon, ha portato carte che dimostrano l’ipertensio­ne firmate dalla sorella, medico di base, e dunque «dichiarazi­oni di parte» «che la dicono lunga sulla genesi e l’attendibil­ità».

Non solo. «Il bollino rosso antidoping sulla confezione di Clortalido­ne» avrebbe dovuto preoccupar­e la giocatrice, «medico e soggetto qualificat­o». E ancora: allegato agli atti, compare un rapporto Wada, pubblicato dal Corriere della Sera a ottobre, che descrive i giocatori di bridge come gli atleti più dopati: 22 positivi ogni 100 testati, contro l’uno virgola qualcosa del ciclismo. Anna scuote la testa: «Mia sorella è il mio medico di base da sempre. Non vedo perché avrei dovuto cambiarla. Mentre l’ipertensio­ne l’ho dichiarata in una certificaz­ione durante un ricovero precedente al controllo. Quanto al doping diffuso nel bridge, l’ho appreso dalla sentenza...». Ma adesso che farà? «Sulle prime ero amareggiat­a e arrabbiata. Il tutto mi è sembrato un ingiusto accaniment­o. Avevo pensato di ricorrere al tribunale di Losanna, l’organo massimo antidoping: ma l’iter mi sarebbe costato circa 15 mila euro. Al che mi son detta: prima vado in vacanza, poi decido».

Controlli a sorpresa Positiva a un diuretico durante un torneo: «È per la pressione, soffro di ipertensio­ne»

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