Corriere della Sera

E Bartali dal Tour scriveva a casa: «I nostri emigrati in lacrime per me»

- Di Mauro Bonciani

C’è il grande campione, considerat­o ormai vecchio a 34 anni per primeggiar­e; ma soprattutt­o l’uomo Gino Bartali. A 70 anni dall’attentato al leader del Pci Palmiro Togliatti, che nel luglio 1948 portò il Paese sull’orlo dell’insurrezio­ne, e dall’impresa di Gino Bartali che sulle Alpi del Tour de France il 15 luglio vinse una tappa durissima e ipotecò l’inattesa vittoria finale, Gioia Bartali, nipote di Ginettacci­o ha mostrato al Corriere Fiorentino le lettere e le cartoline che il campione inviò alla moglie e ai piccoli figli. Frammenti di vita che illuminano Bartali atleta di ferro, assieme al Gino babbo, marito, profondo credente; che ci riportano a quei giorni importanti per la storia d’italia, ben oltre la telefonata del primo ministro De Gasperi a Bartali perché vincesse per sé e per l’italia di cui Gino parlava mal volentieri, ma che Gioia ha sentito raccontare. «Le lettere erano custodite con cura da mia nonna Adriana che le ha date a mio babbo Andrea, oggi purtroppo tutti e due non ci sono più, e ho preso in mano per la prima volta quelle di quel luglio ‘48 perché si ricordi non solo chi era il nonno, ma chi era davvero, affinché si parli di una storia bella per Firenze, la Toscana, l’italia, il mondo — dice Gioia Bartali —. Gino era un uomo semplice e buono: un esempio per tutti, oggi come allora». Della telefonata parlava con gli amici, non ne ha mai scritto, neppure in queste lettere inedite — «ma è normale, lui non si vantava mai; chi lo conosceva bene, come Gino Bartali al Tour del 1948 e (sotto) una delle sue cartoline me, lo sa» — ma con la moglie Adriana parla anche di sport, racconta eventi memorabili per un’italia che ancora cercava il riscatto del dopo guerra. «Vorrei tu potessi vedere quello che è e che può essere questa corsa, la manifestaz­ione stessa di questi italiani all’estero piangere per la gioia di vedermi vincere, sia pure una tappa. Fai conto essi sì sono liberi, ma sempre mal visti perché considerat­i stranieri», scrive Bartali il 9 luglio approfitta­ndo di un giorno di riposo della corsa. E su Coppi che non si era presentato al Tour, scrive: «Sono ancora molto contento di me, povero vecchio con questi molti giovani. La speranza di far bene non la perderò certo, ma credo che Coppi non arriverà mai a fare queste fatiche, lui è troppo sensibile. Peccato proprio che non sia venuto, altro che storielle!». Fatiche che invece Bartali affronta senza paura e che trasformer­à nella vittoria al Tour a dieci anni di distanza dalla prima volta: «Un’impresa ancora ineguaglia­ta, frutto della sua grande forza e determinaz­ione», sottolinea con orgoglio Gioia Bartali.

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