«Noi, in mare a emissioni 0»
Sul catamarano che sfrutta idrogeno, sole e vento «Prima si fermava sempre, ora sfidiamo l’atlantico»
La barca
● Il progetto di Energy Observer è nato due anni fa in Francia ed è stato finanziato per 5,5 milioni di dollari dai gruppi Accor, Thélem, Delanchy ed Engie con il supporto di Toyota e, fra gli altri, dell’italiana Prysmian
● L’obiettivo è completare il giro del mondo utilizzando solamente fonti rinnovabili a zero emissioni (solare, eolico e idrogeno)
● Per raggiungere l’obiettivo, il catamarano è stato completamente riadattato. Nella sua vita precedente, l’imbarcazione, costruita in Canada nel 1994, aveva circumnavigato il globo in soli 74 giorni vincendo, col nome di «Enza New Zealand» e al timone Sir Peter Blake, il Trofeo Jules Verne
● Misura 30 metri, pesa 30 tonnellate, ospita un equipaggio di 8 persone e viaggia a una media di 5 nodi «E ccetto il costante ronzio delle celle a combustibile, non c’è grande differenza rispetto a una barca tradizionale. È veloce, molto ben manovrabile, rigida al punto giusto grazie alla sua struttura in fibra di carbonio. E poi non ti devi curare di far rifornimento: si autoalimenta. Certo, anche con quattro ingeneri nucleari a bordo, all’inizio ne abbiamo avuti di problemi». Appollaiato sul ponte di fianco al suo portafortuna a forma di civetta spaventapasseri, il 39enne Victorien Erussard esce dalla rada dell’isola di Certosa e punta la prua verso piazza San Marco: lupo di mare con a casa già un paio di mensole zeppe di coppe e medaglie, è da 13 mesi al timone di Energy Observer, il primo catamarano al mondo spinto dall’energia pulita dell’idrogeno.
Un gioiello di tecnologia di 30 metri — meglio, un laboratorio in itinere per la mobilità di domani — salpato nel giugno del 2017 da Saint-malo, in Bretagna, per realizzare il periplo del Mediterraneo e tentare, fra qualche mese, la traversata dell’atlantico. «Il nostro obiettivo — prosegue lo skipper affiancato in cabina di comando dal documentarista 47enne Jérome Delafosse — è arrivare a Tokyo in tempo per le Olimpiadi, sperimentando le ultime soluzioni di mobilità e gettando l’ancora nei maggiori porti per raccontare che oggi è davvero possibile abbandonare i combustibili fossili».
Ma a sentire il capo ingegnere Roland Reynauld, nei primi mesi non è stato tutto rose e fiori: «Mentre navigavamo al largo della Francia e della Spagna abbiamo avuto diversi problemi con il propulsore a idrogeno. Il motore si surriscaldava e siamo rimasti in panne più di una volta. Dopotutto è una specie di prototipo che smontiamo e rimontiamo quando arriviamo in porto, un vero e proprio miracolo elettrolitico galleggiante che necessita di continue migliorie». Questo spiega la composizione dell’insolito equipaggio. Racconta lo skipper: «Siamo otto, quattro marinai e quattro tecnici». Gente, quest’ultima, che si trova più a suo agio fra circuiti, attuatori e condensatori ma che col tempo, sorride Delafosse, «si è abituata a muoversi in bilico sulle reti a pelo d’acqua, il pavimento della nostra nuova casa».
Una casa «stretta ma accogliente dove tutto, dalla doccia alla macchina del caffè, dal desalinizzatore alle pale eoliche, dai pannelli fotovoltaici che ricoprono l’intera superficie calpestabile fino ai due motori elettrici da 21 kilowatt, è governato dall’intelligenza artificiale» prosegue il capo spedizione. Sottocoperta, al centro del salottino, c’è un touch screen che monitora lo stato del catamarano: vento e sole producono l’energia necessaria per attivare l’elettrolisi, creare attraverso l’acqua di mare l’idrogeno e caricare le fuel cell (pile a combustibile). «Il circuito genera inoltre acqua calda a 80 gradi: d’inverno la barca è molto accogliente, fa solo un po’ caldo d’estate» ammette l’ingegnere, al lavoro per introdurre l’ennesima miglioria, cioè sostituire le due pale eoliche con vele rigide da utilizzare nella traversata atlantica.
L’energy Observer si è lasciato alle spalle il mare scuro e mosso della Manica, le correnti contrarie del bacino della Loira, gli scogli dell’isola di Yeu, il vento di San Sebastiàn e il gelido Atlantico che guarda il Portogallo. Poi, attraverso le colonne d’ercole, s’è tuffato nel Mediterraneo: Corsica, Tunisia, Grecia, Malta, Cipro e Israele. Dice capitan Erussard: «Lunedì (domattina per chi legge) ripartiamo per Bari, circumnavigheremo l’italia e punteremo di nuovo verso Gibilterra, verso il mare aperto». Lui è evidentemente elettrizzato. Un po’ più teso, invece, il sorriso dei quattro ingegneri nucleari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA