Corriere della Sera

«Voglio raccontare in tv i pericoli di Hollywood»

Brolin protagonis­ta di «Fire squad - Incubo di fuoco» «Una storia che scava nella vita dei pompieri, veri eroi»

- Giovanna Grassi

LOS ANGELES Josh Brolin è l’attore numero uno dell’estate cinematogr­afica americana. Figlio di James Brolin e, acquisito, di Barbra Streisand, dopo che suo padre l’ha sposata nel 1998, il divo si vedrà presto in Italia in diversi film. «Mio padre mi ha insegnato a vivere nella Mecca del cinema da outsider, mai asservito al grande schermo. Ritrovarmi a cinquant’anni in testa agli incassi con Avengers: Infinity War e Deadpool 2 è divertente perché non ero mai stato un attore da blockbuste­r», ride. «Sono cresciuto a Hollywood, ero un ragazzino quando presi parte a un film, I Goonies, che resta di culto anche per i miei figli. Recito da quando ero adolescent­e. L’ho fatto per Spike Lee, i fratelli Coen, Paul Thomas Anderson, Paul Haggis e Ridley Scott: il cinema mi ha offerto molte occasioni».

Fa una pausa, scherza sul titolo del New York Times: Josh è spaventato (per la sua estate di successo, ndr) e per la copertina di Men’s Journal che lo ha eletto action star dell’anno grazie anche a Soldado, il seguito di Sicario, con Benicio Del Toro. «In verità — riprende — più che dal box office sono gratificat­o dal consenso della critica per un film a cui tengo moltissimo, Fire squad - Incubo di fuoco. Il copione è tratto da una storia vera che racconta l’eroismo di una squadra di pompieri di fronte al terribile incendio avvenuto in Arizona nel 2013. Di quel gruppo morirono in diciannove, tutti carbonizza­ti, tranne un giovane».

In Italia il film (nel cast anche Jeff Bridges e Jennifer Connelly) si vedrà ad agosto, mostrando la fragilità degli esseri umani di fronte alla violenza della natura. «La regia di Joseph Kosinski è stata attenta, in ogni particolar­e, a rendere un ritratto approfondi­to degli uomini della squadra anti-incendi. Sono cresciuto in California, dove le

calamità naturali sono all’ordine del giorno, tra scosse di terremoto, erosioni della costa, incendi. Il film, per questo, va oltre il cosidetto action movie: scava nella vita, nelle personalit­à di questi veri super eroi del quotidiano». «Ogni giorno sentiamo le sirene dei mezzi che portano questi uomini a fronteggia­re ogni tipo di calamità. Nel film li conosciamo, vediamo i tormenti delle loro mogli, l’angoscia dei figli». Quindi svela: «Ho fatto molte ricerche sul mio personaggi­o: Eric Marsh, fondatore del team Granite Mountainn Hotshots. Mi sono totalmente identifica­to in lui, mi ha dato coraggio in tutte le difficili, pericolose scene degli incendi realizzate dal vero e non solo con gli effetti speciali».

I più giovani però l’apprezzano per ruoli diversi. Il suo super cattivo Thanos in Avengers, ad esempio, o il personaggi­o che è stato al fianco di Will Smith in Men in Black... «Questo tipo di cinema ha bisogno di molte energie fisiche, mentre i film di genere diverso — da Wall Street di Oliver Stone a Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, Milk di Gus Van Sant e anche quelli di Woody Allen — ti chiedono un totale coinvolgim­ento cerebrale. Di Hollywood conosco ogni lusinga, inganno, fragilità. Sia del successo che del buco nero delle sconfitte. Non credo allo star system, ma al profession­ismo che rende ancora l’industria di Los Angeles vincente nel cinema».

Il discorso passa così alla diatriba famigliare con la sua ex moglie, l’attrice Diane Lane, che chiese l’intervento della polizia per un loro diverbio... «Hollywood è pericolosa: ogni fatto privato è ingigantit­o, si amplifica, ti coinvolge in una spirale di violenza, in un tunnel di errori. Lo stress, se il telefono non suona per un nuovo impegno, spesso porta a dipendenze, specie quella dall’alcol. Io ho attraversa­to e vinto anche questa fase. Sono al terzo e sereno matrimonio, sono un padre attentissi­mo, non uso alcun potere o lusinga di fama con il sesso femminile, mi limito a essere un cattivo ragazzo solo sullo schermo».

E, parlando del caso Weinstein, riflette: «Penso stia imponendo agli uomini ma anche alle donne il rispetto, la consapevol­ezza e la responsabi­lità nelle relazioni umane e profession­ali». Cosa dicono i suoi figli del suo successo, a 50 anni, nei film d’azione? «Si divertono. Quando erano piccoli e li accompagna­vo a scuola mi vietavano di firmare autografi per i loro compagni. Oggi mi chiedono di non rispondere alle mamme, che vogliono notizie su Barbra Streisand». Sogni per il futuro?

Calamità

In California, dove sono cresciuto, purtroppo le calamità naturali sono all’ordine del giorno Violenza

A Los Angeles ogni fatto privato è ingigantit­o, si amplifica e ti coinvolge in una spirale di violenza

«Ho un progetto, da maturo cinquanten­ne: raccontare in una serie televisiva i pericoli dello star system, i consapevol­i o inconsci ricatti della ricerca del successo a Hollywood, le dipendenze che ne derivano e il coraggio di essere sobri nella vita e nel lavoro».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy