Corriere della Sera

Un gruppo che ha superato i confini e gioca contro tutti i luoghi comuni

Il gruppo di Dalic è riuscito a unire i giovani di Slovenia, Macedonia, Bosnia e Serbia

- Di Mara Gergolet

Il calcio è una cosa troppo seria per essere lasciata agli improvvisa­tori. Soprattutt­o, quando viene prestato alla politica. E allora, fatevi spiegare la Croazia da un c.t., Ivica Osim.

Osim è l’ultimo allenatore della Jugoslavia, una leggenda bosniaca, guidò la Nazionale a Italia 90 e disse la celebre frase: «Forse, se avessimo vinto quel Mondiale, la Jugoslavia ci sarebbe ancora» (aveva in squadra Stojkovic, Savicevic, Prosinecki, troppi campioni). Appartiene alla categoria balcanica dei maestri che si nutrono di iperboli, cultura, disciplina, sigarette e carisma. Ora rilascia splendide interviste al Dnevni Avaz di Sarajevo e dice: «Perché la Croazia? C’è talento e lavoro. E hanno saputo far tesoro dei loro rapporti con l’occidente». Ce n’è abbastanza per rovesciare un po’ di luoghi comuni, e fissare qualche punto fermo. Perché non si può regalare la Croazia ai sovranisti.

1) La Croazia è una Nazionale di profughi. Per anni abbiamo aspettato che la Bosnia facesse l’impresa, che portasse a compimento con una qualche vittoria il romanzo delle guerre balcaniche. Invece l’ha fatto la Croazia, che in quella guerra è tra i vincitori, non tra le vittime. E allora? Resta il fatto che il nonno di Modric è stato ucciso in guerra; che Perisic e Mandzukic erano piccoli rifugiati; che Rakitic, Rebic, Lovren, il c.t. Dalic sono fuggiti dalla Bosnia croata. Hanno avuto la fortuna di sfuggire allo scollament­o e spaesament­o degli esiliati: loro sono potuti tornare a casa.

2) La Croazia è una società chiusa e bianca, contro una Francia multietnic­a delle banlieue? Certo, un passato coloniale la Croazia non se lo può inventare, Tito al massimo spediva qualche ingegnere minerario nello Zambia. Però i Balcani sono una terra di contaminaz­ione e contatto come poche. Ma soprattutt­o, i calciatori croati giocano tutti all’estero. Non sono il prodotto di un campionato autarchico, Dinamo Zagabria contro Zadar, ma si sfidano (Modric e Lovren) nella finale di Champions, parlano tutti tre o quattro lingue. In sintesi, sono europei. Dice Osim che «non si sono accontenta­ti dei soldi, volevamo imporsi».

3) La Croazia ha tifosi d’estrema destra, è vero. E per anni gli intellettu­ali si rifiutavan­o di sostenerla, perché veniva usata come una vetrina dal partito nazionalis­ta Hdz. Però, in questo Mondiale è successo un miracolo, si è fatto strada un sentimento di simpatia in tutta la regione. L’ha notato per primo il politologo Zoran Kresic. Tifano per i «vatreni» (focosi) in Slovenia e Macedonia, in Bosnia. Si è schierato per loro il serbo Nole Djokovic, provocando un terremoto (e contraddic­endo il proprio premier Vucic) e ricevendo parole di ringraziam­ento da Rakitic («È un grande uomo, tiferò per lui a Wimbledon»). Dice Osim: «Il calcio è sempre stato dietro la politica e l’economia, stavolta potremmo essere avanti».

Insomma, si può dire liberament­e, e in modo cosmopolit­a, idemo Hrvatska, come tanti nei Balcani. Se non vi bastano l’estetica del gioco e Modric, perché, come dice lo scrittore bosniaco Aleksander Hemon, «se Dio giocasse a calcio, sarebbe un solido centrocamp­ista». La Croazia

● Ha una popolazion­e di 4,1 milioni di abitanti (124° posto nel mondo)

● La capitale Zagabria ha 800 mila abitanti

● La superficie del Paese è di 56,5 kmq, 124° posto nella classifica mondiale

● Con meno di 13 mila dollari di Pil pro capite, la Croazia occupa la 54ª posizione al mondo

● Repubblica parlamenta­re, guidata dalla Presidente Kolinda Grabarkita­rovic e dal premier Andrej Plenkovic

● «La nostra bella patria», del 1835, diventa inno ufficiale nel 1972

 ??  ?? partecipaz­ioni della Croazia alle fasi finali dei Mondiali con il terzo posto conquistat­o nel 1998 in Francia
partecipaz­ioni della Croazia alle fasi finali dei Mondiali con il terzo posto conquistat­o nel 1998 in Francia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy