Corriere della Sera

Bis di Gronewegen tra liti e gomitate Oggi arriva il pavé Nibali va all’attacco

- Gaia Piccardi Marco Bonarrigo

Il ritorno Djokovic batte Nadal 10-8 al quinto set ritorno del fido Vajda, l’allenatore che si era inventato la macchina da guerra dei 12 e riconquist­a un posto in finale dello Slam

Slam (5 tra il 2015 e il 2016, quando il ragazzo di Belgrado era ingiocabil­e). «Sono stati 15 lunghi mesi di tormenti»

Che finale sarà tra Novak Djokovic e Kevin Anderson, divisi da un anno secco e quattro giorni? I precedenti (5-1) dicono a senso unico, in dubbio ogni cosa» dice purché i serbatoi non segnino ancora in bilico sui tornanti. la riserva. Il sudafrican­o Crisi personale, familiare, atletica dopo la maratona con Isner e poi tecnica, un guru era sfinito: deve inventarsi un (Pepe Imaz) chiamato al capezzale, match di soli ace però ha di un festival di coach fronte uno dei migliori ribattitor­i (Agassi, che ridere, poi Stepanek del circuito. «Siamo esseri per mezz’ora) prima del umani» ricorda il Djoker con mezzo sorriso disegnato sul viso. God save the queen, Riemerso Jimmy Van Alen, l’inventore del tie break, e pure noi. È un Wimbledon strano, però — crediamo — non completame­nte pazzo. poi lo subisce sull’8-8 quando cede di schianto, 0-40 e tutto l’orgoglio del guerriero sotto le suole: dritto largo (10-8) e quinta finale di Wimbledon (3 titoli) spalancata davanti a Djokovic, trasformat­o rispetto all’anima lunga, magra e spaesata che si era arresa a Cecchinato a Parigi, letteralme­nte un altro giocatore. Viene da un lungo e avventuros­o viaggio, il Djoker: «Quindici lunghi mesi di tormenti, superando molti ostacoli, momenti di frustrazio­ne e delusione durante i quali ho messo AMIENS Consapevol­i di aver indotto sonnolenza nel pubblico venerdì scorso, i corridori hanno ravvivato a modo loro l’8ª tappa del Tour. Chi litigando con la squadra (Kittel, cui il manager Konyshev ha dato dell’«egoista sfaticato»), chi sgomitando in volata (Gaviria e Greipel, entrambi retrocessi), chi vincendo (Gronewegen, al bis, foto), chi perdendo 75” per una caduta: il povero Daniel Martin. Per il resto tutti già concentrat­i sulla «mini Roubaix» di oggi: 156 km con 15 settori di pavé tra 500 e 2.700 metri per un totale di 22 km. Rispetto alla frazione che nel 2014 esaltò Nibali, aumentano di un terzo i ciottoli e migliora il tempo: previsti 28° e brezza da nord. Mentre alcuni team dividerann­o i gregari tra specialist­i e uomini di classifica (Bmc, Bora, Quick Step), Movistar, Sky, AG2R e Barhain saranno compatte attorno ai capitani per non gettare alle ortiche il Tour per una foratura o uno scivolone. Lo Squalo navigherà su una bici concepita per le strade del nord e resa più sicura (gel antiforatu­ra, imbottitur­a sul manubrio, ruote da 28”, cambio meccanico) per i ciottoli, affiancato da Haussler, Koren e Colbrelli.

Il Djoker riemerge da una serie infinita di guai. Al suo fianco si rivede il fido Vajda

Alla fine di ogni settore di pavé la squadra piazzerà un esperto volontario belga (ricompensa: una maglietta) con ruote di ricambio, borracce e gel per anticipare l’ammiraglia (quella del siciliano sarà solo a metà colonna) dispersa nel polverone. «Vincenzo dovrà alzare l’asticella delle sue ambizioni — spiega coach Paolo Slongo — provando a seguire gli attacchi di specialist­i come Sagan e Van Avermaet». Obiettivo: stressare i Quintana, i Bardet e i Froome di turno (più leggeri, teoricamen­te meno adatti al terreno) e provare a far perdere loro del tempo. Partenza e arrivo sono anticipati: incombono la finale di Mosca e il charter che porterà la carovana ai piedi delle Alpi. Da martedì, la corsa diventerà verticale.

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