Così si affronta il disturbo post-traumatico
Chi vive un’esperienza traumatizzante, o anche solo ne è testimone, può andare incontro a una serie di sofferenze psichiche e fisiche che talvolta durano tutta la vita. Una condizione che può presentarsi non solo in relazione a episodi di gravità inusitata. E che può essere gestita bene
Che conseguenze, non solo fisiche ma anche psicologiche potranno patire i 12 ragazzini (più il loro allenatore) rimasti intrappolati in una grotta in Thailandia e poi salvati? In tanti se lo chiedono e alcuni psicologi hanno risposto che probabilmente molti dei giovani potrebbe riportare qualche forma di disturbo post-traumatico da stress (Ptsd, Post Traumatic Stress Disorder). Dopo un’esperienza traumatica possono infatti manifestarsi, anche a distanza di tempo sintomi affettivi, cognitivi, comportamentali e fisici che sono conseguenza diretta di quell’esperienza. La definizione vera e propria di questa sindrome risale alla fine degli anni Settanta, quando il Ptsd è entrato a far parte del Manuale diagnostico e statistico (Dsm) dell’american Psychiatric Association, anche in conseguenza della necessità di riconoscere il danno psicologico subìto da tanti soldati americani reduci dal Vietnam. Sintomo caratteristico è una particolare sensibilità verso tutto ciò che può ricordare l’esperienza traumatica, che risulta profondamente «conficcata» nella mente. Più l’evento al quale si è assistito, al quale si è partecipato o di cui si è stati vitti- ma, è stato traumatico, più la sua memoria tende a riaffiorare, così chi soffre di questo disturbo è portato a rifuggire situazioni e persone che possono ricordare l’evento.
Ne deriva un’alterazione del normale comportamento: si riducono i contatti con l’ambiente circostante, si diventa facilmente preda di stati ansiosi e depressivi.
Tipici sono i cosiddetti «flashback», quando le immagini, i suoni, perfino gli odori dell’evento traumatico si ripresentano spontaneamente, come un fantasma del quale non ci si riesce a liberare. E non è indenne neppure il riposo notturno, per la comparsa di incubi, spesso collegati ai contenuti traumatici dell’esperienza.
Diverse ricerche hanno dimostrato poi che il Disturbo post-traumatico da stress influisce negativamente sullo stato di salute generale, anche a seguito dello stato di continua allerta in cui la persona vive. «In più del 50 per cento dei casi il Ptsd è associato a disturbi dell’umore di tipo ansioso e a uso di sostanze, con disabilità significative e malattie fisiche» spiega Arieh Shalev del Department of Psychiatry della New York University School of Medicine, autore assieme ad alcuni collaboratori di una revisione su questo disturbo pubblicata sul New England Journal of Medicine.
Quando la condizione tende a diventare cronica aumenta anche il rischio di morte.
«In un campione rappresentativo nazionale di veterani del Vietnam, il Ptsd è risultato associato con un aumento di un fattore 2 della mortalità età correlata: le principali cause erano i tumori delle vie respiratorie e la cardiopatia ischemica» specifica ancora Arieh Shalev.
In aumento anche il rischio di suicidio, e, forse, anche quello di sviluppare nel tempo una qualche forma di demenza.
A influire sullo sviluppo del disturbo, oltre all’intensità dell’evento traumatico, sono la sua eventuale ripetizione nel tempo, ma anche l’aver subìto violenza durante il periodo di vita infantile.
Sono invece fattori protettivi un buon livello di benessere psicologico già raggiunto al momento del trauma e una scolarità sufficiente.
Se si considera la grande quantità di eventi traumatici, violenze e incidenti che compaiono tutti giorni nei media di tutto il mondo è facile capire che il disturbo post-traumatico da stress è una condizione tutt’altro che rara.
«Più del 70 per cento degli adulti nell’intero pianeta fa esperienza di almeno un evento traumatico in qualche momento della sua vita — dicono ancora gli autori della revisione — e il 31 per cento di quattro o più eventi».
E mentre nel DSM-IV il disturbo era catalogato tra i disturbi d’ansia, nel Dsm 5, cioè l’ultima edizione del manuale, viene collocato all’interno di una nuova categoria specifica di disturbi psichici, chiamata Disturbi correlati al trauma e agli stressor, a indicare appunto un’accresciuta attenzione nei confronti degli esiti psicologici e psichiatrici degli eventi traumatici di cui gli esseri umani possono fare esperienza.
Infatti non sono soltanto le violenze, comprese quelle sessuali e le guerre, a poter generare il disturbo posttraumatico da stress, ma anche episodi che in qualche modo possono essere considerati non così tanto eccezionali. Se è vero, come è stato dimostrato da una meta-analisi di 145 ricerche che nel complesso hanno coinvolto oltre 64 mila rifugiati, che i grandi conflitti di popolazione e le relative conseguenze possono portare il livello delle persone colpite dal disturbo fino al 30 per cento degli esposti, è anche vero che basta la perdita improvvisa di una persona cara a far scattare, in chi ha una predisposizione individuale, la molla del disturbo.
In più del 50 per cento dei casi il Disturbo post traumatico da stress è associato a disturbi dell’umore, di tipo ansioso e da uso di sostanze, con disabilità significative e malattie fisiche
Il sintomo più tipico È una particolare sensibilità verso tutto ciò che può ricordare l’esperienza negativa, che risulta impressa nella mente in modo molto profondo