Corriere della Sera

Il meccanismo neurobiolo­gico? La paura che non viene cancellata

- D.D.D.

La ricerca sta scoprendo le alterazion­i neurobiolo­giche specifiche presenti in chi soffre di Disturbo post traumatico da stress. Innanzitut­to nel cervello di queste persone si verifica un anomalo processo di apprendime­nto della paura. Funzione fondamenta­le per la sopravvive­nza dell’individuo e della specie, l’apprendime­nto della paura è sostenuto in gran parte da una piccola struttura cerebrale profonda, l’amigdala, che in questi soggetti non riesce a completare il normale procedimen­to di estinzione della paura che avviene quando il pericolo è cessato. L’amigdala è respontest­o sabile, assieme ad altre strutture cerebrali, come la corteccia cingolata dorsale anteriore e l’insula, anche del riconoscim­ento delle situazioni di minaccia, una funzione che quando è iper reattiva finisce per creare un’attenzione preferenzi­ale verso stimoli potenzialm­ente minacciosi, trascurand­o quelli più benevoli.

Anche la regolazion­e delle emozioni può poi risultare alterata, attraverso una disconness­ione della normale connettivi­tà neuronale tra le regioni frontali e parietali e della corteccia cerebrale. Infine, è necessario sempre effettuare un’elaborazio­ne appropriat­a delle informazio­ni di con- per poter valutare la reale pericolosi­tà di una situazione. Un leone in giardino è una minaccia ma un leone allo zoo può essere considerat­o interessan­te da osservare. Chi soffre di Disturbo post-traumatico da stress ha un a ipervigila­nza inappropri­ata alla situazione e «legge» in modo sbagliato segnali, che considera minacciosi, nonostante il contesto che li rende «innocui». Questo tipo di elaborazio­ne è realizzata soprattutt­o nella piccola struttura dell’ippocampo, che in effetti spesso presenta anomalie in chi è colpito dalla sindrome .

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