La scelta più difficile di John Elkann nella sfida dell’auto
«Aveva la capacità di capire le persone». La formazione della nuova squadra
La giornata più lunga, forse più difficile, sicuramente la più delicata sotto il profilo psicologico e manageriale del presidente di Exor e Fca John Elkann si è conclusa con una nota a parte rispetto ai comunicati ufficiali che contiene una sua lunga dichiarazione. Una pagina che, in modo significativo, non ha alcuna indicazione né di carica né di società, proprio per sottolinearne l’aspetto in primo luogo umano delle parole. Lo ricorda lui stesso. Siamo nella primavera del 2004 quando John Elkann si reca a Ginevra in rappresentanza della famiglia Agnelli, proprietaria di una Fiat che naviga in acque tempestose ed è oggetto di voci che perfino ipotizzano chiusura o nazionalizzazione. Incontra a cena Sergio Marchionne, allora alla guida della Sgs, una partecipata della Ifil. Un nome poco conosciuto nella comunità finanziaria italiana, che accoglierà le decisioni sul nuovo timoniere con una certa sorpresa anche perché lontane dalle tradizioni di successione torinesi, ma non dalla famiglia Agnelli. Era stato Umberto, un anno prima, a invitarlo a entrare nel consiglio Fiat. Scelta confermata proprio in quella cena che determinò una svolta epocale per il gruppo.
Sicuramente John, il cui carattere era (e forse in parte lo è ancora) segnato da una certa timidezza, è rimasto colpito dalla personalità di Marchionne.
Ed è sempre lui a sottolineare che il suo incontro con chi sarebbe diventato l’amministratore delegato del grande rilancio e della fusione con l’americana Chrysler, è stato fondamentale, prima ancora che sotto il profilo professionale, personale.
«Quello che mi ha colpito di Sergio fin dall’inizio, quando ci incontrammo per parlare della possibilità che venisse a lavorare per il gruppo, più ancora delle sue capacità manageriali e di una intelligenza fuori dal comune, furono le sue qualità umane, la sua generosità e il suo modo di capire le persone», dice Elkann nella dichiarazione. Parole scelte con cura e commozione anche perché quella cena è stato l’inizio della stretta relazione fra lui e il capo-azienda che ha portato a scelte condivise anche molto difficili e a volte, come appunto nel caso della unione Oltreoceano, non capite subito da analisti, mercato e concorrenti.
«Negli ultimi 14 anni abbiamo vissuto insieme successi e difficoltà, crisi interne ed esterne, ma anche momenti unici e irripetibili. Per me è stato un mentore e soprattutto un amico».
E ora Elkann ha dovuto gestire in prima persona una improvvisa accelerazione. «Sono profondamente addolorato per le condizioni di Sergio. Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti un senso di ingiustizia».
Da almeno un anno, una volta che il top manager aveva reso nota la volontà di lasciare la guida di Fca a fine 2018, il tema della successione era sul tavolo. E più volte presidente e amministratore delegato hanno detto che le decisioni sarebbero state comunicate per tempo, fra la fine di quest’anno e l’assemblea di bilancio prevista nei primi mesi del 2019.Una scelta comunque molto difficile. Anche perché, come ha detto John, «Sergio ha sempre fatto la differenza». Mercoledì l’appuntamento con i conti semestrali.