Se la Baviera del «ribelle» Seehofer torna ai tempi dell’impero tedesco
Il bavarese Horst Seehofer, leader tedesco di una campagna xenofobica, ha annunciato un piano che prevede la creazione di campi in cui i migranti entrati nel Paese verrebbero trattenuti prima di essere «restituiti» allo Stato da cui provengono. Ha riconosciuto che questo non è il piano della coalizione, composta da cristiano-democratici e socialdemocratici, che governa la Germania. Ma ha sottolineato che è quello del ministro degli Interni. Non potrà essere adottato per l’intero territorio della Repubblica Federale, ma potrebbe trovare applicazione in Baviera, di cui Seehofer è presidente. Questa linea politica di Seehofer è piuttosto recente. Sino a qualche tempo fa l’uomo politico bavarese sembrava rispettare, anche se con qualche dissenso, la linea della cancelliera. Secondo uno studioso della Università americana di Harvard (Alexander Görlach) la sua intransigenza contro i migranti daterebbe dal momento in cui la destra tedesca di Alternative für Deutschland ha cominciato a imporsi in zone della Baviera che erano state tradizionalmente cristianodemocratiche. Qualcosa di molto simile era già successo in Gran Bretagna quando il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, diretto da Nigel Farage, fortemente eurofobico, cominciò a conquistare seggi che appartenevano tradizionalmente al partito conservatore. Preoccupati, molti parlamentari del partito cominciarono a fare pressioni sul governo di David Cameron perché desse soddisfazione alla richiesta di un referendum che proveniva dagli euroscettici. Fu anche quello un caso in cui il politico si piega alle pressioni di una fazione per sventare una emorragia elettorale. Così è fatta la
Il piano anti immigrati
Il ministro degli Interni può fare nel libero Stato di Baviera ciò che non può negli altri Länder tedeschi
democrazia, beninteso. I partiti e i loro leader non possono ignorare gli umori della pubblica opinione e devono adattare i loro programmi alle circostanze. Ma non possono nemmeno inseguire i voti sacrificando convinzioni e principi. La sorte dei migranti non è una delle tante variabili che la politica deve affrontare e risolvere con qualche necessario compromesso. È una questione che mette alla prova la fisionomia morale di una forza politica, il suo profilo civile e la sua coerenza. David Cameron commise un errore e ne ha pagato il prezzo con le sue dimissioni. Horst Seehofer dovrebbe riconoscere che le sue idee sui migranti non sono compatibili con l’appartenenza a un partito che si definisce cristiano. Il caso è interessante per altre ragioni. Con un ministro degli Interni che può fare nel Libero Stato di Baviera (come ancora si chiama) ciò che non può fare negli altri Länder tedeschi, la Germania sembra essere tornata all’epoca, sino alla fine della Grande guerra, quando la Baviera era un regno all’interno dell’impero tedesco, aveva una dinastia (i Wittelsbach) diversa da quella che regnava a Berlino (gli Hohenzollern) e godeva di una autonomia che sfiorava la sovranità. Quando combatté nella Grande guerra, Hitler non faceva parte delle forze armate germaniche. Era caporale del 16° reggimento di fanteria della Sesta divisione bavarese.