Benzinaio ferito, ci sono due fermi «Hanno sparato per uccidere»
Il 39enne è ancora grave Forse li aveva riconosciuti, accusa di tentato omicidio
BUSTO ARSIZIO (VARESE) Diffidare di tutto e tutti è un comandamento investigativo. Ma alcuni dubbi legati a circostanze da subito ritenute anomale, nell’agguato di venerdì a Busto Arsizio contro il benzinaio Marco Lepri, vengono parzialmente annullate sia dal profilo dei due sospettati italiani fermati ieri per tentato omicidio dalla polizia e accompagnati in Questura (per uno la posizione è gravemente compromessa), sia dal loro comportamento criminale.
Entrambi balordi, uno gravitante nello stesso Varesotto e l’altro a Cantù, in provincia di Como, poco prima delle 19 dell’altroieri hanno raggiunto l’abitazione della vittima, in fin di vita anche se c’è cauto ottimismo dei medici dopo la lunga operazione notturna. Il 39enne Lepri, sposato e padre di due bimbe (moglie e figlie sono al mare), era di rientro dal distributore di cui è titolare in via Sempione 44 a Busto Arsizio, a tre chilometri di macchina da questo palazzo al civico 7 di via Vizzolone di Sopra, dove abita. I balordi erano a bordo di uno scooter, sembrerebbe di proprietà di uno dei due: un grosso errore, poiché il mezzo è transitato sotto le telecamere della zona che — corroborate dai riscontri sulle «celle» agganciate dai telefonini — hanno permesso di «collocare» motorino e occupanti nell’area e negli orari del crimine e di arrivare direttamente all’indirizzo dell’intestatario. Per quale motivo poi, se l’obiettivo era davvero la rapina (a Lepri è stato sottratto l’incasso di 5mila euro nel marsupio), i banditi non si sono mossi in anticipo rispetto a via Vizzolone di Sopra, ovvero all’esterno della pompa di benzina o lungo il tragitto, è un’altra domanda degli investigatori. Il palazzo di Lepri affaccia sul parcheggio della «Coop» che chiude alle 20 e che venerdì era affollata e presentava un’alta eventualità di testimoni.
Il benzinaio è stato raggiunto da tre proiettili, due alle gambe e quello più devastante all’addome, in cima alla rampa che porta ai box, sotto gli ampi balconi dei residenti che si servono degli spazi per cenare all’aperto (secondo fattore di eventualità di testimoni). Strano che Lepri, dopo aver parcheggiato l’auto, sia passato di qui — se avesse continuato a camminare, sarebbe dovuto tornare in strada, avanzare di una decina di metri sotto il portico e rientrare dal cancello — anziché prendere il corridoio interno che conduce alle scale. Forse ha riconosciuto uno dei banditi, ha provato a fuggire e quello gli ha sparato addosso per eliminarlo. Dagli accertamenti della Questura di Varese non risultano ombre nella vita del benzinaio, che negli ultimi vent’anni ha subìto una «spaccata» e irruzioni notturne per scassinare la porta del gabbiotto del distributore e rubare le monetine dalla cassa. Una casistica preoccupante che però non avrebbe l’evidenza di una persecuzione.
Il fatto che, insieme ai sospettati (quello in manette è il 51enne Maurizio Fattobene) i poliziotti vogliano al più presto parlare con Lepri appena uscirà dalla rianimazione, conferma l’intenzione di non dar nulla per scontato. Al netto dei tweet di politici che hanno dato l’annuncio anticipato di una svolta nell’inchiesta non senza il fastidio di chi indaga, per la necessaria prudenza da osservare, si sa che i balordi sono slegati da clan e noti per un’esistenza da predoni di paese. La pistola sarebbe a tamburo. I banditi non avrebbero avuto complici. Fattobene all’inizio ha taciuto sul nome di chi era con lui, ma per provare a salvarsi ha presto ceduto.