Le rapine calano, tranne che in strada «Mancano agenti sul territorio»
Meno colpi in case, banche e uffici
«Servirebbero più poliziotti, non più armi in giro», dice Daniele Tissone, segretario del sindacato di polizia Silp Cgil. A leggere i dati sull’andamento delle rapine in Italia, dal 2015 al 2017, si resta alla fine con l’amaro in bocca: c’è un calo generale, è vero, da 21.607 denunce o arresti avvenuti nel 2015, siamo passati a 20.077 l’anno scorso. Una flessione minima, contro cui la riforma della legittima difesa, cara al nuovo governo, secondo Tissone non darà i risultati sperati: «Se il delinquente che ti vuole rapinare sa che sei armato — esemplifica Tissone — poi si arma anche lui e il rischio è che si arrivi a un’escalation di violenza. Io eviterei, perciò, di trasformare il nostro Paese in un Far West. Piuttosto per offrire maggiore sicurezza ai cittadini, tornerei ad assumere poliziotti, carabinieri e finanzieri. Almeno 5 mila all’anno, per fronteggiare il numero di quelli che vanno in pensione. Nel 2008 gli agenti di polizia erano 108 mila, oggi siamo 99 mila. E l’età media è di 48 anni, cioè la polizia più vecchia d’europa. Non solo: 6 mila poliziotti, anziché occuparsi di indagini e intelligence, sono impegnati negli uffici per il rilascio dei permessi di soggiorno agli stranieri e altri mille si occupano del rilascio dei passaporti. Non è così che si controlla un territorio...».
Calano di pochissimo, secondo i dati di polizia, quasi tutte le forme di rapina: nelle abitazioni, in banca, negli uffici postali e nei negozi. Ai rappresentanti di preziosi, ai trasportatori di merci, valori bancari o postali. Solo in un caso, le rapine vengono date in aumento: quelle «nella pubblica via», che nel 2016 furono 8.264 e l’anno scorso sono state 8.277. Le cosiddette rapine col coltellino? «Già — dice il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, che per mesi è stato alle costole del feroce “Igor il russo” —, il problema, allora, diventa poi questa schizofrenia tutta italiana per cui si grida all’allarme e la gente protesta perché il rapinatore incensurato o il piccolo spacciatore non vanno in galera. Ma ricordo che c’è un preciso contesto normativo in cui ci muoviamo: la legge 47 del 2015 sulle misure cautelari è assai rigorosa sulla loro possibile applicazione. E comunque non è un problema di leggi, perché certi reati si combattono soprattutto con la prevenzione».
Il sociologo Maurizio Fiasco, responsabile del progetto sicurezza della Camera di Commercio di Roma e docente di sociologia della sicurezza pubblica nelle scuole di polizia statali, però è scettico: «Dire che ci vuole più sorveglianza non significa nulla. Oggi gli obiettivi sensibili si sono moltiplicati, ci sono troppi luoghi dove si concentra il denaro contante che sono di facile accesso per il delinquente: benzinai, tabaccai, sale scommesse, farmacie, supermercati. Esercenti e forze di polizia, perciò, devono parlarsi, collaborare di più, per programmare insieme la sorveglianza. Chissà se un ispettore o un maresciallo era mai andato a parlare col benzinaio di Busto Arsizio, prima dell’ultima rapina».