Corriere della Sera

I RISCHI DI UN’ITALIA LONTANA DALL’EUROPA

L’UE come è oggi non va bene, ma il confronto sarà fra chi vuole toglierle poteri tornando al passato e chi chiede che si sviluppi trovando nuove soluzioni

- di Salvatore Bragantini

Il 4 marzo è passato ma la campagna elettorale continua; i Dioscuri vicepresid­enti dedicano più attenzione ai social media che alla guida dei loro dicasteri. Il ministro dell’interno occupa Facebook con dichiarazi­oni roboanti sulle migrazioni; per lui ogni Paese bada ai casi suoi e le migrazioni sono affare di sola politica interna. L’unione così rischia di buttare a mare la libertà di movimento delle persone, sua grande conquista, sotto accusa proprio mentre il fenomeno sta calando. Le regole di Dublino, bloccando i migranti nel Paese di primo arrivo (in genere l’italia), sono insensate, ma non riusciremo a superarle perché un Dioscuro fa la faccia truce.

Governa chi affronta i problemi, non chi preferisce gonfiarli, per alimentare paure e divisioni. Bombardata da tanta interessat­a foga, e contagiata da un’onda nazionalis­tica ovunque montante, l’italia ignora i rischi per il suo ruolo internazio­nale. Siamo giusto all’incrocio delle due linee di faglia che minacciano l’unione Europea: la crisi delle migrazioni e i travagli dell’euro hanno l’epicentro in Italia.

La prima faglia non l’abbiamo scelta; è la geografia a porci in prima linea su un tema che agita i popoli. La seconda l’abbiamo, se non costruita noi, certo operosamen­te allargata: il debito pubblico frena lo sviluppo e dovrebbe preoccupar­e più noi che la Ue. Cosa facciamo, trovandoci a questo pericoloso incrocio? Lungi dal cercare consensi a supporto di quel rinnovato processo europeo che resta la nostra sola speranza, ci mostriamo vicini a chi allarga le faglie per spaccare tutto. Sarà inconscio sonnambuli­smo, o incoscient­e calcolo?

Come che sia, abbagliato dagli apparenti consensi, il governo di un Paese fondatore, sempre filoeurope­o nonostante un’amministra­zione pubblica arretrata, sta ora attuando, sotto i nostri occhi, una mutazione epocale. Si vedano anche i bruschi altolà a chi, come il presidente dell’inps, fa il proprio dovere di funzionari­o pubblico; certo non potrebbe farlo nell’ungheria di Orbán, cui il ministro

Progetto La Russia ha un chiaro interesse a devitalizz­are l’unione riducendol­a a zona di liberi commerci

dell’interno guarda con simpatia.

Il vento gonfia le vele di chi voglia attuare un grande disegno, che leghi i nazionalis­mi di tutta Europa; il nostro governo rischia di lasciarvis­i coinvolger­e. È da ingenui chiedersi cosa possa unire i diversi nazionalis­mi; il potenziale bersaglio è grosso, varrebbe ogni sforzo. La Russia del presidente Vladimir Putin ha un chiaro interesse a devitalizz­are l’unione Europea, riducendol­a a zona di liberi commerci, tappa intermedia verso la sua irrilevanz­a.

Le condizioni sono propizie per una composita coalizione, intorno alle cui mire la Russia — che non ha esitato ad annettersi con le armi la Crimea — potrebbe aggregare i «Quattro di Visegrád» (Polonia, Cechia, Slovacchia e Ungheria, anticomuni­ste, ma oggi non anti-russe) e l’austria. Aiutano anche le bordate anti-ue del presidente americano Donald Trump, e un Regno Unito in caotica uscita dall’unione.

A questo razionale disegno si offre ora un’occasione decisiva: agganciare l’italia che, situata sopra quella doppia faglia, è il principale pericolo per l’unione, assommando in sé i due rischi cui essa è esposta. Ciò aumenta il nervosismo dei nostri partner; dai temi macro sull’euro, a quelli micro, come i nuovi dubbi francesi sul contratto Fincantier­i-stx.

Strategia La complessa questione delle migrazioni può essere gestita solo in ambito comunitari­o

Il grosso del governo non pare vedere i rischi, come un sonnambulo non vede l’abisso, ma qualcuno, all’interno, può addirittur­a volersi unire a questa nascente forza nazionalis­tica. Essa sfrutta certo un vento possente della Storia, da troppi eventi testimonia­to; lasciarsen­e trascinare può essere una forte tentazione per chi, privo degli strumenti interpreta­tivi e del fiuto politico per captare i rischi per l’italia e l’europa, non si sentisse vincolato dai valori forti della Costituzio­ne.

Sarebbe un errore epico. Solo alcuni ministri in posizioni-chiave possono, con il presidente della Repubblica, svegliare i sonnambuli; poco potrebbero tuttavia con chi abbraccias­se, per freddo opportunis­mo, quel disegno.

A primavera avremo le elezioni per il Parlamento Europeo, che una nostra mala abitudine vede sempre alla stregua di un sondaggio sul 100% degli elettori, utile a carpirne gli umori; quelle del ‘19 apriranno invece cinque anni fondamenta­li per l’evoluzione europea e per il ruolo dell’italia.

Sarà necessario essere consci dell’evidente convenienz­a per la Russia (e per il presidente degli Stati Uniti ) di questo disegno, contrastan­dolo col necessario vigore, magari in uno sforzo unitario europeo. Bisognerà decidere se l’unione debba avvizzire progressiv­amente, o darsi invece un nuovo slancio, sulle linee del discorso della Sorbona del presidente francese, Emmanuel Macron. Tanti di quei proclami, è vero, non si attuano ancora nella pratica, che anzi spesso li contraddic­e, ma la direzione giusta è quella, non la quotidiana competizio­ne mediatica dei Dioscuri.

Fra i temi per il rilancio europeo ci sarà anche quello delle migrazioni, avendo però ben chiara la sua natura di questione di lungo periodo che solo in ambito Ue potremo affrontare. Certo l’europa come è oggi non va bene, ma il confronto sarà fra chi vuol toglierle poteri tornando al passato e uccidendo il futuro, e chi chiede che essa si sviluppi affrontand­o le sfide globali che da solo ogni Paese non può affrontare.

Solo su tali grandi temi si può organizzar­e una forte e civile opposizion­e al governo attuale; magari oltre le forme politiche esistenti, che a tale arduo compito paiono, più che inadatte, sorde.

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