Contratto chimici, un fondo per le pensioni anticipate
Pirani (Uiltec-uil): chiuso con sei mesi d’anticipo. Aiuterà anche lo sviluppo della ricerca
«Sia chiaro, se abbiamo chiuso il contratto con sei mesi d’anticipo un motivo c’è. Abbiamo voluto dare un segnale di coesione tra imprese e lavoratori. E nello stesso tempo di visione per il futuro». Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec, la categoria della chimica e farmaceutica della Uil, conferma la lettura «politica» dell’accordo siglato da Federchimica, Farmindustria e sindacati giovedì scorso. Fermarsi alla lettera dell’aumento da 97 euro in tre anni e mezzo sarebbe limitativo. Tra le righe del contratto le parti hanno inteso inserire anche un messaggio. Inviato a un indirizzo preciso: quello del governo e dei palazzi della politica.
Il contenuto corrisponde a una sfida. Che Pirani sintetizza così: «Invece di occuparsi di finte emergenze come l’arrivo dei barconi, chi governa dovrebbe affrontare i problemi veri. Il consolidamento di questa ripresa fragilissima. La definizione di una politica industriale che ci porti nell’era del digitale mantenendoci competitivi sui mercati internazionali».
Sindacato e imprese tornano ai fondamentali — la contrattazione — per dimostrare la loro credibilità. Ma sono davvero sempre all’altezza? «Nel nostro caso parlano i fatti — risponde Pirani —. Sulle pensioni si discute tanto di quota 100, di come permettere ai lavoratori di andare prima in pensione. Noi proprio nel nuovo contratto abbiamo inserito delle soluzioni. E alla fine è questo che conta».
Per il sindacalista le «emergenze vere» all’orizzonte sono più di una. «Abbiamo alcuni asset cruciali per il Paese su cui si sono aperti grossi interrogativi. Prendiamo l’ilva: è come se il governo non avesse capito la posta in palio — contesta Pirani —. Il futuro di quell’azienda è legato a doppio filo con quello dell’industria visto che l’acciaio è una materia prima fondamentale. E c’è un fattore tempo da cui non si può prescindere. L’acciaieria brucia 30 milioni al mese, tra poco non ci saranno più i soldi per la manutenzione. Cosa si aspetta?».
Se un «chimico» come Pirani tanto si accalora sulle vicende di settori fratelli come la metalmeccanica e l’acciaio un motivo c’è. Ed è la consapevolezza che anche le realtà ad alta produttività e alto valore aggiunto come la chimica-farmaceutica potrebbero avere difficoltà nel breve periodo se il Paese non fosse in grado di dare le giuste risposte ad alcuni problemi «strutturali». Ilva è uno di questi. Ma non l’unico. «Nelle telecomunicazioni è ancora aperta la questione di chi realizzerà la banda ultraveloce. Sul industria 4.0 e la digitalizzazione non si vede un disegno chiaro. Poi ci sono le aziende che ristrutturano e si riorganizzano. A breve anche Enel annuncerà migliaia di esuberi. In tutto questo il governo stenta a delineare un chiaro indirizzo in materia industriale. Basti vedere il travaglio del cosiddetto decreto dignità».