Trattava con Putin e i capi di Stato Quel salvataggio del Vicenza
Chi l’ha sentito nel recente passato, quando era ancora in ballo il tiramolla di Yonghong Li, sa che Paolo Scaroni, 71enne neopresidente rossonero, tutto si aspettava tranne un simile pateracchio. «Quando ho accettato di entrare in consiglio immaginavo un’esperienza più divertente», confessava con qualche ironia. Dopo una vita passata tra elettricità, petrolio, gas, impianti industriali, banche, finanza, rapporti internazionali da Vladimir Putin all’ex segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, passando per quasi tutti i capi di Stato dall’africa al Sudamerica, pensava che il calcio in fondo sarebbe stato un diversivo. Invece, vista la situazione attuale in casa Milan, pare proprio che non sarà così. E allora potrebbe tornargli utile quella passata esperienza di vent’anni fa, quando per un paio d’anni (1997-98) gli toccò di guidare, lui vicentino di nascita, il Vicenza calcio. Era la squadra che raggiunse il suo apice con la vittoria in Coppa Italia contro il Napoli e la galoppata, l’anno dopo, in Coppa delle Coppe, eliminata in semifinale dal Chelsea di Zola, Vialli e Di Matteo, poi vincitore finale. Era il Vicenza di Francesco Guidolin e di Lamberto Zauli, ma per Scaroni e tanti tifosi era la squadra di Pasquale Luiso, il «toro di Sora». «Se lo ricorda? Il centravanti che diceva: crossatemi una lavatrice e io metto dentro pure quella». Ma quel Vicenza era soprattutto la prima squadra italiana di proprietà di un gruppo straniero. Una novità assoluta. La Stellican di Stephen Julius, l’investitore britannico di madre italiana, l’acquistò dal fallimento del gruppo Dalle Carbonare per 8,2 milioni di sterline. Poi la cedette alla public company inglese Enic, che già aveva quote dell’aek Atene, dei Glasgow Rangers, dello Slavia Praga e un pezzo del Tottenham. Operazioni finalizzate al progetto di una «multinazionale del calcio» in stile statunitense. Scaroni allora era ceo della Pilkington, multinazionale del vetro, e proprio a Londra viveva. Insomma, ci sono corsi e ricorsi storici evidenti per il neo presidente rossonero, più noto al pubblico italiano per essere stato prima «chief executive officer» dell’enel, dal 2002 al 2005, e poi dell’eni, fino al 2014. Chiamato al vertice e poi confermato dai governi sia di centrodestra sia di centrosinistra. Oggi, grazie anche al patrimonio dei tanti rapporti accumulati negli anni, è approdato alla banca Rothschild come vicepresidente. Incarico prestigioso, come quello nel board della francese Veolia (ambiente ed energia, quotata a Parigi), che non gli impedisce comunque di occuparsi, sempre da presidente, anche del gruppo Giuliani (lo storico amaro medicinale). Una lunga carriera con qualche traversia giudiziaria che potrebbe nel prossimo futuro creargli qualche complicazione: a settembre è attesa la sentenza di primo grado che lo vede coinvolto nel processo per corruzione internazionale in Algeria per gli appalti Saipem, società allora dell’eni. Ma, chissà, con la prossima stagione potrebbe già aver imbroccato qualche buon acquisto. Qualcuno che metta semplici palloni, e non elettrodomestici, nelle reti avversarie.