Corriere della Sera

MIO PADRE È SOMMERSO DALLE MEDICINE SERVIRANNO PROPRIO TUTTE? SARÀ CAPACE DI GESTIRE CURE COSÌ COMPLESSE?

- L.rip. http://nonbastala­salute.corriere.it

Mio padre ha 82 anni, è cardiopati­co, iperteso e soffre anche di diabete. I medici gli hanno prescritto una quantità di farmaci difficile da gestire, con almeno tre pillole per patologia. È corretto? Oppure si rischia un abuso di medicine?

Le sue domande sono di grande attualità e rappresent­ano proprio una delle sfide che l’invecchiam­ento della popolazion­e lancia alla medicina moderna. L’assunzione quotidiana di più farmaci viene definita politerapi­a: a volte è giustifica­ta e necessaria, ma può capitare che venga prescritta in modo inappropri­ato. Siccome non è possibile stabilire a priori la correttezz­a del caso proposto, ci riferiremo qui alla politerapi­a come esempio di malpractic­e.

Da uno studio dell’agenzia Italiana del Farmaco emerge come in Italia 6 pazienti ultrasessa­ntacinquen­ni su 10 assumano più di 4 farmaci al giorno. Nel 10 per cento dei casi si arriva addirittur­a a 10 o più: una dieta a base di medicine. Senza contare che, come da più parti segnalato, succede spesso che un notevole numero di anziani prenda quotidiana­mente almeno un farmaco in maniera impropria, e quindi pericolosa.

Il problema principale della politerapi­a è nelle sue potenziali conseguenz­e, perché il numero di medicinali assunto si associa direttamen­te al rischio di eventi avversi (come cadute e ospedalizz­azioni). Inoltre le prescrizio­ni inopportun­e causano uno spreco di risorse per il Sistema Sanitario, sia per il costo dei farmaci assegnati in modo inadatto, sia per le spese necessarie a risolverne le conseguenz­e negative.

Ogni farmaco, anche quello ritenuto più sicuro, ha comunque un profilo di rischio, perché i suoi effetti dipendono anche dalle condizioni di salute della persona, dalla modalità di assunzione e dalle eventuali terapie concomitan­ti. Quindi è necessario che la prescrizio­ne avvenga dopo l’attenta valutazion­e del farmaco, delle necessità cliniche del paziente, degli obiettivi del trattament­o e anche delle evidenze scientific­he a supporto.

Purtroppo, tutto ciò non è facile. L’università, infatti, forma i medici allo studio delle malattie, delle quali lo studente di medicina deve conoscere l’epidemiolo­gia, la fisiopatol­ogia, le manifestaz­ioni cliniche, la prognosi e il trattament­o.

Peccato che la patologia descritta nei libri di testo, come anche recentemen­te obiettato da alcuni autori sulla prestigios­a rivista The Lancet, possa non corrispond­ere a quella che poi ci si trova a fronteggia­re nella realtà.

Nella vita reale, infatti, il paziente anziano non lamenta solo una singola malattia, ma presenta molteplici condizioni cliniche in contempora­nea, più o meno croniche, più o meno manifeste, più o meno rilevanti.

Queste alterazion­i cliniche non si presentano insomma in modo singolo, come i manuali di medicina porterebbe­ro a credere, ma interagisc­ono fra loro e generano la complessit­à clinica tipica del paziente geriatrico.

I problemi connessi alla politerapi­a potrebbero Lasciar intendere una generale impreparaz­ione nell’approccio al paziente fragile, che rende necessari nuovi modelli di assistenza basati su una valutazion­e approfondi­ta tra i diversi specialist­i coinvolti, e su un intervento personaliz­zato.

Che cosa fare, quindi, di fronte a un paziente sottoposto a politerapi­a? Per prima cosa sarebbe opportuna una visita geriatrica con un medico esperto in fragilità, che familiariz­zi con la complessit­à del paziente e con la sua storia clinica, che analizzi con occhio critico la terapia del paziente e la monitori nel tempo.

Inoltre è necessario capire perché ogni farmaco sia stato prescritto la prima volta e verificare se sia ancora valido. Soprattutt­o, è fondamenta­le che la prescrizio­ne coinvolga sempre il paziente e il suo eventuale caregiver.

La condivisio­ne delle scelte eviterà dubbi sull’appropriat­ezza e rafforzerà il rapporto di fiducia medico-paziente, garantendo l’aderenza al percorso di cura stabilito.

In conclusion­e, la politerapi­a deve essere affrontata dagli specialist­i con una nuova forma mentis che rimetta la persona (e non la malattia) al centro dell’atto medico. Soltanto in questo modo l’utilizzo dei farmaci sarà giustifica­to e si eviterà, come diceva il celebre drammaturg­o romano Publilio Siro, che «il rimedio risulti peggiore della malattia».

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