Schwazer, anomalie nelle analisi Ora un test su 100 dna
ROMA Se non siamo di fronte al passo decisivo, poco ci manca. La vicenda di Alex Schwazer, secondo le clamorose rivelazioni di giovedì scorso di Tageszeitung, quotidiano altoatesino in lingua tedesca, è giunta a un momento cruciale grazie al lavoro che da molti mesi sta portando avanti il Ris di Parma del colonnello Giampietro Lago, su incarico del gip di Bolzano, titolare dell’inchiesta penale, Walter Pelino.
Per prima cosa, le analisi di laboratorio sui campioni A e B di urina del marciatore azzurro — fermato per doping nel 2016, alla vigilia dei Giochi olimpici di Rio de Janeiro, in seguito al controllo a sorpresa di gennaio di quell’anno, dopo essersi affidato alle cure del professor Sandro Donati, memoria storica dell’antidoping italiano — hanno evidenziato un’anomalia incredibile: la concentrazione di dna di Schwazer nel campione B è tre volte superiore a quella presente nel flacone A: 1.187 nanogrammi contro 437. Una discrepanza «inspiegabile» scientificamente, che potrebbe nascondere ciò che l’entourage di Schwazer ha sempre sostenuto con forza: la manomissione delle provette (faticosamente ottenute dopo una battaglia durissima dal laboratorio di Colonia, che il 7 febbraio scorso aveva addirittura consegnato un campione aperto) per incastrare l’atleta e realizzare il «delitto perfetto». La Iaaf si è già affrettata a dichiarare che quella differenza abnorme non ha valore, il Ris invece continua spedito: il comandante Lago ha infatti ordinato una maxi test sul dna di 100 individui, scelti tra sportivi e persone comuni, che hanno dato l’assenso. Le conclusioni del Ris saranno presentate entro il 5 settembre sul tavolo del gip Pelino: se la «discrepanza» dovesse rimanere solo per Schwazer e non riguardare nessuno di quei cento, allora molti altri dubbi verrebbero spazzati via.