Thomas scavalla anche il Tourmalet Primi applausi per Froome battuto
L’ultima tappa pirenaica a Roglic, oggi crono individuale ma i giochi sembrano fatti
LARUNS Nemmeno il vecchio e caro Col du Tourmalet — quello che nel 1910 Octave Lapize valicò spingendo la bici a piedi e dando degli assassini agli organizzatori per la fatica immane — riesce a cambiare il corso di un Tour passato da veleni e cadute a una rassegnata routine agonistica. Geraint Thomas affronta l’ultima tappa pirenaica con la stessa serenità di quando pedala sui rulli per defaticare. La sua Sky neutralizza l’unico attacco in montagna (una fuga di Landa e Bardet proprio sul Tourmalet) lasciandolo a bagnomaria per un’ora e poi trovando la Lotto Jumbo come alleata per neutralizzarlo. Chris Froome cede lo scettro al collega gallese con signorilità e, forse, anche un pizzico di sollievo.
Nella penultima salita, staccato, il keniano bianco rimedia i primi applausi di tre settimane nerissime: l’onore ai vinti, specie se pedalano a vuoto e col viso contratto dal dolore, non lo nega nemmeno il tifoso più cinico. L’unico brivido sulla discesa finale dall’aubisque: per installarsi al terzo posto in classifica generale, lo sloveno Roglic prende più rischi di quando saltava con gli sci (e stando a Dumoulin, furibondo, anche la scia di una moto) ma atterra indenne e centra la vittoria di tappa. E così il Tour più duro e con meno cronometro dei tempi moderni arriva oggi alla prova individuale con un ex pistard saldamente in maglia gialla e tre specialisti del «tic tac», racchiusi in un fazzoletto a contendersi gli altri due gradini del podio: Dumoulin (a 2’05”), Roglic (a 2’24”) e Froome a 2’37”.
Quintana che annaspa nelle retrovie è il segno dei tempi che cambiano: nei primi 15 della classifica gli scalatori puri sono soltanto tre e hanno distacchi pesanti. Il Tour è monopolizzato dai cronoman-mutanti, tipini di almeno un metro e 80, cavallo alto, magri da far paura. Capaci ieri di divorare 1600 metri di dislivello l’ora su tre grandi colli e, oggi, di chiudere a velocità motociclistiche la cronometro basca.
Thomas non ammette di aver già vinto («La tappa di oggi è molto dura, i miei avversari tutti specialisti») e ringrazia per la centesima volta la squadra, davvero decisiva. Anche ieri Sky ha schierato i suoi gregari in testa, a pilotare il gruppo, nella sequenza programmata: primo Rowe il passista, ultimo Bernal, nuovo dio colombiano delle montagne.
Tra i battuti Dumoulin è l’unico che può recriminare: oltre al Giro d’italia (e che Giro) nelle gambe e al supporto di una squadra modesta, nel suo ritardo da Thomas ci sono 50 secondi persi per incidente meccanico, 20 di penalizzazione, 23 di mancati abbuoni. È lui, non Froome, l’unico vicino alla clamorosa doppietta Giro/tour. Oggi l’olandese dovrebbe ridurre ancora il distacco e consolidare il suo secondo posto. Più intrigante la lotta tra Roglic e Froome per il terzo, con lo sloveno che ogni volta esibisce nuove qualità: prima solo cronoman, poi scalatore, ora uomo da grandi giri e in più discesista superbo. Ha 28 anni e per molti osservatori saranno lui e Bernal a giocarsi i Tour del prossimo futuro.