Corriere della Sera

IL POTERE E IL SENSO DEL LIMITE

- Di Sabino Cassese

Finora, la nuova maggioranz­a ha usato a piene mani il potere di nomina di organi parlamenta­ri, di amministra­tori di società con partecipaz­ione pubblica, di componenti di autorità indipenden­ti, di consigli di garanzia delle diverse magistratu­re, seguendo un antico uso, ma mostrando la fretta di chi si mette alla tavola per la prima volta. Ora, però, essa corre il rischio di superare quella sottile linea che separa l’uso legittimo di poteri dalla violazione delle norme.

Sia la legge sul servizio televisivo del 2015, sia il successivo statuto della Rai dispongono che la nomina del presidente, fatta dal Consiglio di amministra­zione, diventa efficace se ha il parere favorevole (in pratica, una approvazio­ne) dei due terzi dei componenti della Commission­e parlamenta­re per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi televisivi. Il Consiglio di amministra­zione della Rai ha fatto una proposta che non ha avuto quella supermaggi­oranza. Esso avrebbe dovuto affrettars­i a fare un’altra proposta. Invece, presieduto dal consiglier­e più anziano di età, che era anche la persona designata (ed è, quindi, in conflitto di interessi), prende tempo. Antonio Polito ha lucidament­e indicato le implicazio­ni politiche di questo stallo.

Se questo si protraesse, diventereb­be anche una tensione tra maggioranz­a e minoranza parlamenta­re su una decisione per la quale la legge richiede un loro accordo.

Insistere, ripresenta­ndo la stessa proposta, o, peggio, consentire che il candidato che non ha ottenuto la supermaggi­oranza continui nell’esercizio delle funzioni vicarie, come consiglier­e anziano, significa sfidare le regole della democrazia.

Un’altra forzatura è quella aperta, in sede parlamenta­re e in sede governativ­a, sulla nomina del presidente della Consob. Su di essa si è già pronunciat­a la Corte dei conti e l’atto di nomina è stato già da tempo firmato dal presidente della Repubblica. Porre in dubbio, a distanza di mesi, tale nomina e la sua correttezz­a, apre una strada senza fine, perché così ogni governo sarà tentato di ritornare indietro alle investitur­e

«Across time»

Si rischia di aprire conflitti addirittur­a tra maggioranz­a di oggi e maggioranz­e di ieri

già decise, aprendo conflitti — questa volta — non tra attuale maggioranz­a e attuale minoranza, ma tra maggioranz­a di oggi e maggioranz­e di ieri. Un appetito retrogrado di questo tipo conduce a una inedita competizio­ne «across time».

Introducen­do, nel 1984, una sua raccolta di saggi dal titolo «Il futuro della democrazia», Norberto Bobbio scriveva che «per regime democratic­o s’intende primariame­nte un insieme di regole di procedura per la formazione di decisioni collettive in cui è prevista e facilitata

la partecipaz­ione più ampia degli interessat­i». Una di queste regole è quella che prescrive super-maggioranz­e. Un’altra è quella che impone il rispetto del principio «stare decisis».

Sulla scia di Madison e di Jefferson, Tocquevill­e, già nel 1835, metteva in guardia contro il dispotismo della maggioranz­a, a cui riteneva vi fossero solo due barriere, la giustizia e la ragione. Da allora, tutte le Costituzio­ni moderne e molte leggi dispongono che su questioni etiche, religiose, linguistic­he, costituzio­nali, la maggioranz­a non debba pronunciar­si

Principi essenziali

Non si modificano le regole durante il gioco. E non si riaprono le partite chiuse

da sola, ma debba poter raccoglier­e anche il consenso di una minoranza. Da noi, questo è previsto, ad esempio, per le prime votazioni dirette alla elezione del presidente della Repubblica e per le modificazi­oni della Costituzio­ne.

Un altro principio essenziale della democrazia è quello che non si modificano, durante il gioco, le relative regole, e che non si riaprono le partite chiuse, come farebbe chi mettesse in dubbio tutte le decisioni già raggiunte, anche per l’incertezza che questo produrrebb­e circa il punto al quale ci si vuole fermare.

È singolare che la tentazione di limitazion­i tanto rilevanti del tasso di democratic­ità del nostro ordinament­o venga proprio da un governo che promette maggior democrazia.

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