Gaia, morta a 7 anni per una medusa
Stava raccogliendo conchiglie in acqua nelle Filippine: uccisa da uno choc anafilattico
Uccisa da una medusa. Gaia Trimarchi, sette anni, romana, è morta nelle Filippine. Mentre faceva il bagno è stata toccata da una specie molto pericolosa, una cubo medusa. L’animale, detto anche Chironex fleckeri, è piccolo e dotato anche di sessanta tentacoli e in alcuni casi può causare la morte per choc anafilattico. La bambina si trovava in gita nell’isola di Sabitang Laya con la madre e alcuni parenti. Raccoglieva conchiglie.
La sua Barbie preferita, il peluche di Minnie. Le foto a Roma, d’inverno, dove viveva e andava a scuola. Ricordi struggenti di Gaia Trimarchi, sette anni, vegliata dai genitori e da altri parenti nella casa di famiglia a Muntinlupa City, nelle Filippine. A centinaia di chilometri, sull’isola di Sabitang Laya, la piccola nuotatrice, talento del dorso e della rana, che aveva gareggiato anche a primavera nei campionati regionali per il circolo Fitness Sporting Club 2016 al Portuense, è stata punta da uno dei sessanta tentacoli di una cubomedusa, la «vespa di mare» — nome scientifico Chironex fleckeri —, uno degli esemplari planctonici più letali del mondo. Meno di un’ora più tardi Gaia è morta nell’ospedale di Caramoan, dove è giunta dopo quaranta minuti, uccisa dallo choc anafilattico. «Mi è morta fra le braccia», racconta la madre Manette Trimarchi, filippina, sposata con un italiano, che si trovava in vacanza nella località turistica del suo Paese insieme con gli zii della piccola e il suo istruttore di nuoto.
La tragedia di Gaia risale al 26 luglio scorso ma è stata resa nota solo ieri e ha impressionato i filippini. Anche perché ha scatenato polemiche furiose sulla mancanza di misure di sicurezza e sui ritardi nei soccorsi. E perché una settimana prima aveva perso la vita un’altra bimba. «Nessuno ci ha detto che la zona è infestata da quella specie di meduse — accusa proprio la madre della piccola, che nei prossimi giorni sarà riportata a Roma per i funerali —, non c’erano divieti di alcun genere. Lei stava in un punto dove l’acqua è bassa, raccoglieva conchiglie, era una sua passione. All’improvviso l’abbiamo sentita gridare. Ci siamo avvicinati, aveva bolle viola su una gamba e su una mano. “Mamma, che mi sta succedendo?”, mi ha detto Gaia. “Portami via, non torniamo più su questa spiaggia”». La situazione è precipitata in un attimo. Gli effetti della puntura della «medusa scatola», altro nome dell’animale, si manifestano in tre minuti: spasmi, vomito, delirio. Sulla barca noleggiata dal gruppo di turisti non c’era il kit di pronto soccorso e nemmeno l’aceto che può tamponare per qualche minuto le conseguenze della puntura.
Il timoniere, Edcel Alarcon, ha invertito la rotta puntando verso la spiaggia di Caramoan distante mezz’ora di navigazione. All’arrivo in ospedale i medici non hanno potuto somministrare dei farmaci specifici alla piccola: le sue condizioni erano disperate. Il decesso è sopraggiunto poco dopo. «Avevo avvertito i turisti di rimanere solo un quarto d’ora. Non pensavo scendessero in acqua, ma che si limitassero a scattare fotografie», spiega il timoniere e un suo assistente, Prospero Ortil, ammette di «aver gettato gasolio sulle ferite della bimba. Non avevo altro, non c’era l’aceto perché non serviamo pasti agli ospiti che si erano portati da soli da mangiare».