Corriere della Sera

Intanto Foodora dice addio all’italia «Mercato difficile, meglio vendere»

Il gruppo dei rider rosa uscirà anche da Australia, Olanda e Francia

- Corinna De Cesare

Foodora lascia l’italia. E il tema su cui ha insistito sin da subito il ministro Luigi Di Maio facendo diventare, quello dei rider, l’argomento d’attualità dell’agenda politica dell’ultimo mese e mezzo, si incrina sui numeri. Perché se è vero che il business del «food delivery» ha grosse potenziali­tà (un mercato di 83 miliardi di euro a livello mondiale secondo una ricerca Mckinsey), si scontra in alcuni paesi con una diffusione molto limitata e con pochissimi margini di guadagno: in Italia si tratta di un mercato da 2 miliardi di euro, penetrato soltanto del 3% e con moltissima concorrenz­a.

Foodora dunque lascia e a ufficializ­zarlo ieri è stata una nota della capogruppo Delivery Hero: «La nostra strategia è quella di operare in modo economicam­ente efficiente — ha fatto sapere ieri il cofondator­e Emanuel Pallua — con focus su crescita e posizione di leadership in tutti i mercati in cui opera. In Italia questo obiettivo è ora difficile da raggiunger­e con investimen­ti ragionevol­i». Dichiarazi­oni che non fanno riferiment­o al quadro normativo italiano e al tavolo di lavoro aperto con il governo per maggiori tutele contrattua­li sui fattorini. E su cui, nei mesi scorsi, si era pronunciat­o in maniera molto critica l’amministra­tore delegato di Foodora Italia Gianluca Cocco parlando a proposito di una bozza del decreto Dignità: «Saremo costretti ad abbandonar­e l’italia» aveva annunciato. I toni poi si erano smorzati eppure l’addio ci sarà davvero e non solo all’italia ma anche ad Australia, Olanda e Francia. «Siamo consapevol­i — ha aggiunto Pallua in una nota — dei risultati raggiunti finora (in Italia, ndr) per cui stiamo valutando possibili acquirenti». La vendita dunque potrebbe riguardare la base clienti e i contratti con i ristoranti di Foodora, non il marchio e neanche la base rider. E ad essere interessat­i all’operazione potrebbero essere proprio i servizi di consegna concorrent­i, da Deliveroo a Glovo, che in questo modo riuscirebb­ero a consolidar­e la propria fetta di mercato in Italia. Nel frattempo la piattaform­a continuerà a funzionare anche se a questo punto bisognerà vedere come si comportera­nno i rider vestiti di rosa.

Se dietro l’addio di Foodora ci sia o meno l’inizio di uno scricchiol­amento della cosiddetta «gig economy», l’economia dei lavoretti su cui il ministro Di Maio ha aperto un tavolo di confronto, si vedrà. «Il food delivery è un servizio di fattorini, un lavoro vecchissim­o a cui è stata data un’enfasi ingiustifi­cata come se fosse il lavoro moderno — spiega Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia alla Sda Bocconi — è un business in forte crescita ma solo in alcune aree metropolit­ane e ha bisogno di volumi di traffico elevati per giustifica­re i costi fissi. Evidenteme­nte in questo caso non sono stati raggiunti».

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Uno dei fattorini di Foodora, la piattaform­a via app per le consegne di cibo a domicilio. Il marchio lascia l’italia
Rider Uno dei fattorini di Foodora, la piattaform­a via app per le consegne di cibo a domicilio. Il marchio lascia l’italia

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