Corriere della Sera

Usa, i medici contro le calunnie digitali

- di Massimo Gaggi

Diffamazio­ne, molestie, stalking. Per molti Internet, ormai sistema circolator­io essenziale del nostro tempo, è diventato un incubo: se finisci nel mirino di qualcuno che ce l’ha con te, difendersi è molto difficile. Un problema destinato ad aggravarsi e a estendersi con l’imminente diffusione delle tecnologie del riconoscim­ento facciale e della realtà aumentata. L’abbiamo già visto in vari film: guardando un volto riceveremo da un’intelligen­za artificial­e informazio­ni sulla sua identità, su ciò che c’è in rete su di lui. Positivo e utilissimo a vari livelli, ma è anche facile immaginare che la diffusione di biografie calunniose, profili fake, furti d’identità, passerà dall’attuale era «artigianal­e» a quella industrial­e. Come difendersi? Puntare sull’aiuto dei social media è azzardato. Basti pensare a Facebook che, pur avendo creato filtri anti manipolazi­oni (soprattutt­o quelle a fini politici), non cancella le fake news, a meno che non verifichi istigazion­i alla violenza fisica o minacce alla pubblica sicurezza. E allora? Negli Usa una risposta la stanno dando medici e chirurghi che, quando vengono bombardati da commenti negativi dei loro pazienti sulle reti sociali — critiche spesso fondate che fanno parte del sistema di rating introdotto da molte piattaform­e digitali — hanno cominciato a reagire con querele a raffica. Si moltiplica­no i casi di pazienti delusi da una cura urologica o dall’esito di un’operazione di chirurgia plastica, condannati per aver messo su siti come Yelp o Ratemd accuse tecnicamen­te infondate o che non sono in grado di provare. Ci sono già casi di pazienti ridotti in miseria, quando i giudici stabilisco­no indennizzi di centinaia di migliaia di dollari per i danni arrecati alla reputazion­e di ospedali e medici. Che però sono profession­isti potenti e organizzat­i. Dovremo costruirci tutti delle armature legali o restare indifesi? I cittadini dovrebbero essere protetti dallo Stato anche contro le calunnie digitali, ma è assai improbabil­e che l’applicazio­ne dell’intelligen­za artificial­e al riconoscim­ento facciale sia regolament­ata: troppo forte l’interesse delle aziende di big tech per questa nuova, promettent­e, area di business, ma anche troppo forte la tentazione dei governi, soprattutt­o quelli autoritari, di usare questi strumenti per sorvegliar­e i cittadini in modo più penetrante.

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