Londra, tassi su L’inflazione fa più paura di Brexit e dazi
La Banca d’inghilterra ha (al momento) più paura dell’inflazione che della Brexit e dei dazi. E stringe la cinghia della politica monetaria, alzando all’unanimità i tassi dallo 0,50% allo 0,75%, ai massimi di quasi un decennio, ricevendo critiche dal mondo delle imprese. Ma la sterlina, anziché rafforzarsi, è andata giù. «Con un’inflazione generata internamente che sale, e la prospettiva di un eccesso di domanda, una lieve stretta alla politica monetaria è appropriata», ha detto il governatore Mark Carney. «La Banca — ha aggiunto — è preparata a qualsiasi strada prenda l’economia, incluso un ampio ventaglio di potenziali esiti della Brexit». Tanto che non ci si aspetta un nuovo rialzo prima di marzo, la data prevista per l’uscita dall’unione europea in vista della quale — ha riconosciuto Carney — il negoziato con Bruxelles entrerà in un «momento critico». La Banca d’inghilterra ha comunque mantenuto quasi invariate le stime sul Pil: +1,4% quest’anno e +1,75% (in media) fino al 2020. A livello mondiale lo scacchiere delle quattro grandi banche centrali è così composto da tre fronti: Stati Uniti e Regno Unito che alzano i tassi, l’eurozona che li tieni fermi ma chiude il programma di nuovi acquisti di titoli, e il Giappone che invece ha sostanzialmente confermato il proprio consistente piano per comprare asset.