L’esiliato cinese e il profugo afghano: neorealismo a Locarno
LOCARNO Appena avviato già la tendenza del 71mo Festival del cinema è quella di film che raccontano il privato dei registi. L’americano Diane di Kent Jones è la storia di una famiglia sgangherata e simpatica, da Taiwan A Family tour è il diario dell’esilio del suo autore, Ying Liang, Ora e sempre riprendiamoci la vita di Agosti resuscita il ‘68-78 paragonandolo alle rivoluzioni francese e russa e per L’ordine dei medici David Roux si è ispirato alla malattia materna, oltre alla famiglia in Libia di Martina Melilli e alla truffa (Olimpiadi, Sidney) di finti basket disabili di Les beaux esprits. È l’agguerrita Costanza Quatriglio che va oltre i confini e in Sembra mio figlio diventa testimone di una storia di cui è spettatrice e narratrice. Quella dell’afghano Mohammad Jaer Arad scappato in Europa col fratello e non più riconosciuto dalla madre: tragedia sul filo del telefono.
Così scappa di nuovo in Pakistan, raggiunge alcune donne in fuga dalla furia talebana e vi riconosce la madre in una sequenza di assoluta bellezza. Sembra melodramma d’altri tempi ed è storia vezara, ra: il film lo testimonia con rispetto, senza retorica, sposando la causa nelle due terminazioni di civiltà e poesia. Ismail (interpretato da Basir Ahang) è parte del popolo Ha- perseguitato dai talebani: con una storica scusa, ma è solo uno dei tanti razzismi in voga. Attenta a ciò che accade intorno al quotidiano, la regista narra una storia non solo personale, finendo con l’ultima parte girata in loco, strapiombi e gole di montagna, di grande bellezza figurativa e intensità espressiva.
È bello che il cinema, in ostaggio da super eroi e altro materiale digitale, si riappropri della funzione morale che l’ha fatto crescere: realismo ad personam, un esborso d’autore doloroso, anche se a volte con spirito come nel film Usa prodotto da Scorsese. In attesa delle risate promesse dal direttore Chatrian, sono previste altre storie di uomini straordinari come Stallworth primo ufficiale afro americano della polizia a Colorado Springs infiltrato nel Ku Klux Klan (Spike Lee, Blackkklansman) mentre in concorso per l’italia, c’è un cocciuto, vecchio mugnaio del Friuli, Menocchio (regista Alberto Fasulo) che a fine 500 si mette contro la Chiesa della Restaurazione, eretico inedito sui libri di storia.