Tra i 31 corpi anche due bimbi Gli operai travolti nel furgoncino
Samuele, otto anni, era in viaggio con i genitori Il telefonino abbandonato e gli squilli di una mamma
GENOVA Qualcuno andava in vacanza, altri tornavano a casa dal mare, altri ancora stavano lavorando. Il ponte Morandi è crollato e ha trascinato giù le loro vite, nell’alveo del torrente Polcevera. Ieri sera alle undici i morti accertati e identificati erano 29 — 16 donne, 11 uomini e due bambini — ma ce n’erano altri da identificare e proprio mentre quel bilancio diventava ufficiale i vigili del fuoco ne hanno estratti dalle macerie altri due.
Si è capito fin dal primo istante che lì sotto ci sarebbero state decine di vittime ma ci vorranno ancora molte ore prima di sapere esattamente quante. Negli ospedali di Genova, all’obitorio, nei punti di soccorso, per tutto il giorno sono arrivate decine e decine di parenti di persone che non si trovavano più, di gente che voleva sapere, sperare. C’erano gli psicologi ad accogliere tutti, a trovare le parole per dire che non c’erano più speranze o che quel marito, quella sorella, quel figlio, era nell’elenco dei dispersi.
Qualche nome è stato diffuso a tarda sera. Quelli di Bruno Casagrande e Mirko Vicini, due operai dell’amiu (azienda comunale dell’ambiente) che stavano lavorando a bordo di un furgoncino nell’isola ecologica proprio sotto il viadotto. Del primo è stato trovato il corpo, il secondo è tra i dispersi. Non hanno nemmeno fatto in tempo a capire che cosa stesse succedendo. Sono rimasti sepolti da massi enormi di asfalto, cemento armato, piloni. Stessa sorte per Alessandro Campora, operaio che lavorava per una azienda privata, la Aster.
E poi c’è la famiglia di Campomorone, alle porte di Genova. Madre, padre e figlio di otto anni. Ersilia Piccinino, suo marito Roberto Robbiano (45 anni) e Samuele, il loro bambino, sono precipitati per più di quaranta metri e, a differenza di altri che si sono salvati, loro non hanno avuto scampo. Il bimbo è stato fra i primi a essere ritrovato. Mentre lo portavano via, nella macchina accartocciata è stato recuperato un telefonino che squillava mostrando la scritta «mamma»: forse quella di Roberto o Ersilia che chiamava per chiedere notizie. Del resto per i loro familiari era più di un presagio il fatto che la polizia avesse chiesto in Comune i documenti per identificarli.
«I bimbi morti in questa tragedia sono due» conferma l’assessore regionale alla protezione civile Giacomo Giampedrone: «ma ce ne sono ancora altri da identificare e temo si possa arrivare anche fino a cinquanta vittime».