Corriere della Sera

Le 38 vite spezzate «Ma i dispersi lì sotto possono essere 20»

Lo scambio di posto tra due camionisti sul furgone prima del ponte: uno è morto, l’altro si è salvato. La Procura: il bilancio può aggravarsi

- dall’inviata a Genova Giusi Fasano

Il padre di quattro figli e il bambino con il secchiello e la paletta per il mare. I ragazzi che andavano al festival musicale e gli altri che puntavano alla vacanza francese. La famiglia di Pinerolo, quella di Voltri... Sono precipitat­i tutti nella voragine del ponte Morandi. I loro destini incrociati a oltre cinquanta metri d’altezza, le loro vite perdute sul greto del torrente Polcevera. Il filo nero che li ha legati tutti assieme è stato il caso. Essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, sempliceme­nte. Finora ne hanno recuperati e identifica­ti 38 ma il procurator­e capo di Genova Francesco Cozzi ieri stimava «fra i dieci e i venti dispersi» e sembra inevitabil­e, quindi, che il numero delle vittime sia destinato a crescere. Ieri mattina, fra i giornalist­i assembrati davanti al ponte crollato, si è fatto largo un uomo. Era il papà di Mirko Vicini, 31 anni e un contratto da interinale firmato poche settimane fa all’amiu, la municipali­zzata genovese dei rifiuti. Suo figlio è nell’elenco delle vittime e lui era venuto lì a guardare quel che resta del Morandi. A fissare le macerie e inseguire chissà quale ricordo. Fra i primi corpi recuperati c’era quello del collega con il quale Mirko stava lavorando quando il ponte è collassato sulle loro esistenze. Quel collega si chiamava Bruno Casagrande, 35 anni, anche lui — come Mirko — del Ponente genovese e appena assunto con un contratto stagionale. Bruno e sua moglie avevano appena adottato due bambini. «Volevamo fare una buona azione. Adesso da sola non so come farò. Lui non c’è più, come farò a farne a meno?» si disperava lei ieri stringendo le mani di chi è andato a dirle una parola di conforto. La stessa disperazio­ne che si respira a casa di Luigi Matti Altadonna, camionista di 35 anni e quattro figli, che viveva nel Savonese. Era su un furgone con il collega Gianluca Ardini, 29 anni e in attesa di un figlio che nascerà fra pochi giorni. «Ho un po’ di nausea, puoi guidare tu?», ha chiesto Gianluca a Luigi poco prima del ponte. Precipitan­do sono rimasti appesi ai cavi. «Lo scrollavo, lo chiamavo» ha raccontato Gianluca ieri in ospedale. Ma è stato tutto inutile. Lui si era salvato, Luigi era morto.

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