Corriere della Sera

Samuele con mamma e papà, secchiello e paletta tra le lamiere

- G. Fas.

Subito dopo il crollo c’era un telefonino che squillava e squillava, nei resti schiacciat­i di un’auto scura. Sul display c’era scritto «Mamma» e i soccorrito­ri che stavano mettendo in fila tre cadaveri appena estratti dalle macerie per un attimo hanno pensato alla disperazio­ne di quella mamma.

L’hanno immaginata davanti alla conferma dei suoi presagi peggiori: la famiglia che cercava non c’era più. Roberto Robbiano, tecnico informatic­o di 44 anni, sua moglie Ersilia Piccinino, 41 anni, e Samuele, il loro bambino adorato che di anni ne aveva nove, erano morti tutti, trascinati giù fino all’alveo del torrente Polcevera assieme all’asfalto, ai piloni e al cemento armato.

A un certo punto il telefonino ha smesso di squillare, come se quella mamma/nonna, si fosse arresa ancor prima di sapere. La famiglia Robbiano viveva a Voltri ma era originaria (e conosciuti­ssima) a Campomoron­e, pochi chilometri da Genova. Martedì doveva essere il primo giorno di vacanza. Il ponte Morandi era la loro via obbligata per raggiunger­e il porto e imbarcarsi su un traghetto diretto in Sardegna. Fra i resti delle loro valigie, fradici di pioggia e fango e sparsi vicino alla macchina, c’erano l’ombrellone, delle magliette colorate, un pallone, un secchiello, una palettina giocattolo. Pochi passi più in là, il corpo di Samuele.

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