Gli sfollati in coda: «Fateci rientrare» L’allarme detriti sul letto del torrente
L’attesa per recuperare oggetti nelle case abbandonate «Le chiavi della moto, i documenti e le lenti a contatto»
GENOVA «Le chiavi della moto, i documenti del lavoro e le medicine. Al massimo il tempo per le lenti a contatto». Luca De Luca, 44 anni, addetto alla logistica è in coda al check point di via Fillak, dove gli «sfollati» aspettano ordinatamente di rientrare nelle loro case per pochi minuti accompagnati dai Vigili del fuoco. Sono i residenti di via Porro e di alcuni palazzi di via Fillak. Per quasi sessant’anni il loro cielo è stato solo e soltanto il calcestruzzo grigio del pilone del Ponte Morandi. L’unico rimasto in piedi, quello che oggi incombe sulle 330 case sgomberate in tutta fretta dopo il crollo di martedì. Sono 634 sfollati per i quali il Comune e la Regione si sono impegnati a trovare una soluzione «a lungo termine» entro fine anno. Molti, come Fabrizio Belotti, 41 anni, hanno figli e un mutuo da pagare: «Quando abbiamo comprato casa il ponte c’era, faceva paura, ma mai pensavi potesse cadere».
Oggi in coda ci sono anziani accompagnati dai loro figli e molti stranieri, soprattutto ecuadoriani. Per liberare gli appartamenti ci vorranno settimane, per ora si può recuperare solo ciò che è indispensabile. E due settimane almeno — stando alle stime della Protezione civile — serviranno anche per rimuovere gran parte delle macerie dal letto del torrente Polcevera. Il timore, adesso, è legato soprattutto al pericolo maltempo. Le condizioni sono in peggioramento ma non ci sono alert per rischio idrogeologico nei prossimi giorni. Il Polcevera però raccoglie l’acqua piovana di tutta la valle, e la presenza di un blocco di macerie potrebbe fare da «tappo» per una alluvione. Per questo si scava con ruspe e martelli pneumatici, almeno nell’alveo del torrente, con riprese della polizia scientifica da 12 angolazioni diverse in modo da documentare costantemente i lavori e ridurre i tempi tecnici dei rilievi (i filmati saranno messi a disposizione di tutte le parti).
Sul lato di Ponente, invece, c’è ancora una massa alta 15 metri e lunga più di cento. Qui, sotto ai tratti stradali crollati, si trovano le dieci auto ancora sepolte. Dentro si temono tra le 10 e le 20 vittime. Le speranze di trovare qualcuno ancora in vita sono, ormai, nulle. Ma si lavora, da cinque fronti diversi. Con i Vigili del fuoco appesi alle gru che tagliano e «smontano» la montagna di macerie dall’alto e i cani da ricerca che corrono nelle intercapedini. Ufficialmente resta una missione di soccorso a persone: «Non ci fermeremo finché non avremo estratto tutti i corpi da lì sotto. Questa è la priorità».