Corriere della Sera

Nella villa confiscata ai mafiosi l’omaggio a Rita Borsellino La donna che voleva la verità

La camera ardente della sorella del giudice ucciso. Il ricordo di Mattarella

- Di Felice Cavallaro (foto Ansa)

PALERMO Ogni volta che in una scuola finiva di parlare della memoria da evocare «non solo come ricordo, ma per farne esempio quotidiano» i ragazzi correvano a circondarl­a euforici. E Rita Borsellino, sguardo luminoso, tempra tenace, sorrideva felice davanti a quella gioventù che si è ritrovata intorno l’ultima volta lo scorso 19 luglio in via D’amelio, sotto casa, memoria della strage ordita nel 1992 per uccidere il fratello Paolo. Ed è questa differenza fra ricordo e memoria da trasformar­e in pratica di vita che resta come il messaggio di un angelo perduto a Ferragosto dalla scandalosa Palermo, vinta da una malattia che l’ha portata via a 73 anni.

Dalla sua sedia a rotelle, la sofferenza segnata sul viso, la sorella del giudice ucciso la stessa estate della strage di Capaci lanciò meno di un mese fa i suoi garbati consigli come epitaffi lapidari. Confermand­o di essere diventata il simbolo di un’antimafia lontana da quella parolaia.

Dolce e determinat­a, Rita Borsellino, da farmacista si era abituata a trovare gli antidoti, in guardia con chi a volte la blandiva.

Ne sa qualcosa perfino Silvio Berlusconi che nell’ottobre del ’94, da premier, bussò ● Rita Borsellino era nata a Palermo, quarta di 4 figli tra cui il giudice Paolo (foto). Farmacista, dopo la strage di via D’amelio si è dedicata alla lotta alla mafia

● Vicepresid­ente di Libera dal 1995, dagli anni Duemila è entrata in politica, nel centrosini­stra, eletta anche al Parlamento europeo al portone di via D’amelio. Una scena surreale. Con l’ex cavaliere bloccato al citofono, mentre Rita ripeteva a se stessa: «Non se ne parla di farlo salire». Restò tempo solo per una domanda: «Cosa possiamo fare per la lotta alla mafia?». E lei: «Potete fare tutto, essendo al governo».

Aveva resistito quattordic­i anni prima di lasciare il camice bianco ed avvicinars­i nel 2006, su indicazion­e dei cosiddetti «cespugli» del centro sinistra, alla corsa (perdente) di governator­e dell’isola contro Totò Cuffaro.

Tessere di un contesto ben più complesso ricordato nella camera ardente allestita ieri nei nuovi locali del Centro Borsellino, in una villa confiscata agli amici di Totò Riina, lo stesso complesso residenzia­le di via Bernini in cui viveva da latitante il numero uno di Cosa nostra. Plastico esempio della città che muta.

Perché le ville sono diventate una caserma dei carabinier­i, la sede dell’ordine dei giornalist­i guidato in Sicilia dal figlio di Mario Francese, altra vittima di mafia, e adesso anche quartier generale del Centro dove sono arrivati i messaggi del capo dello Stato Sergio Mattarella e di tante personalit­à, mentre si avvicendav­ano magistrati, semplici cittadini, uomini politici, il sindaco Leoluca Orlando che era andato a trovarla in ospedale al Civico, «sorridente».

E che abbia lasciato i suoi cari con serenità lo confermano i figli Claudio, Cecilia e Marta, i nipoti Manfredi, Lucia e Fiammetta, il fratello Salvatore, l’ingegnere scettico per la candidatur­a del 2009 alle Europee: «La sua voce limpida sarebbe utile in Europa, ma non posso condivider­e la scelta di candidarsi nel Pd».

Non mancarono le delusioni. Anche con Orlando che la propose come sindaco portandola in giro. Ma dicendo infine che, per evitare sgambetti, era costretto a scendere ancora una volta direttamen­te in pista, lasciando sbalorditi i sostenitor­i più vicini a Rita. Compresi tanti volontari di «Libera», l’associazio­ne dove Don Ciotti la cooptò come sua vice.

Comunque sempre vicina al fratello Salvatore, tornato a vivere a Palermo, presidio dei giovani che sbandieran­o le agende rosse per ricordare che ne manca una, forse sottratta da mani infedeli dello Stato.

Come sembrano indicare le recenti motivazion­i della sentenza sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Forse l’ultima lettura di Rita Borsellino, appagata da questo primo passo verso una verità ancora incerta: «Non vogliamo una verità, ma la verità».

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L’addio
 ??  ?? Il sorrisoRit­a Borsellino, scomparsa a 73 anni, accanto alla statua che ricorda il fratello Paolo
Il sorrisoRit­a Borsellino, scomparsa a 73 anni, accanto alla statua che ricorda il fratello Paolo

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