Il caso Jones: il futuro digitale sarà in mano ai top manager?
Per molto tempo negli Usa Alex Jones, incendiario diffusore di teorie cospirative e notizie palesemente false come la negazione della strage della scuola elementare di Newtown (una burla inventata dalla propaganda anti armi, secondo lui), ha usato come megafono tutte le piattaforme social. Poi, all’inizio di agosto, qualcosa è cambiato: Facebook, Apple e Google (proprietaria di Youtube) hanno messo al bando Jones e il suo sito Infowars, accusati di aver violato le loro regole contro i messaggi che incitano alla violenza e all’odio. Le critiche da sinistra per aver consentito la diffusione di messaggi infami sono state, così, sostituite dalle accuse di discriminazioni contro l’ultradestra. Twitter, invece, continua ad accogliere i messaggi di Infowars, sostenendo che Jones non ha violato i suoi principi, improntati alla massima libertà di parola. Ora, però, contestato anche dai suoi dipendenti, il capo di Twitter, Jack Dorsey, promette di rivedere la materia e si chiede se la sensibilità pubblica per la sicurezza non stia superando quella per la libertà. E, per dimostrare che quando decide (anche per tutti noi) lo fa in modo ponderato, spiega che sta studiando: ascolta audiolibri e discute sul da farsi con manager e ingegneri.
La domanda è: perché nell’era di «Internet che da strumento di comunicazione è divenuto il luogo dove nasce la cultura e si forma un nuovo modo di abitare il mondo» come scrive il Garante italiano della Privacy, Antonello Soro, nel suo recente Persone in rete, decisioni di questa rilevanza politica e sociale devono essere prese da ingegneri e manager? Negli Usa
Verità e diritto di espressione L’incendiario diffusore di teorie cospirative è stato bandito da Facebook, Apple e Google. Ma non da Twitter. Le «lezioni» di Rodotà, Soro e Karl Popper
il senatore democratico Mark Warner che propone regole (al momento senza speranza) è già sulla graticola: «Volete che Internet sia controllata da burocrati senza volto anziché da imprenditori?». Monito che, aggiornato alle esigenze delle imprese della Silicon Valley, ricorda la logica della rivolta populista contro gli esperti. Fiuti una diffusa disistima anche per scienziati o authority di notevole spessore, dotati di sensibilità sociale e competenza giuridica, e pensi a figure come Stefano Rodotà: il giurista che ha fatto nascere in Italia la sensibilità per la tutela dei dati personali, il primo Garante al quale Soro, suo successore, dedica il libro appena pubblicato. Chissà se Dorsey e i suoi pari hanno mai letto testi di giuristi e politologi che, come diceva Rodotà, cercano di usare il diritto non solo come limite del potere ma anche come «strumento al servizio del mestiere di vivere». E chissà se sanno che Karl Popper, per difendere la tolleranza, rivendicava il diritto delle democrazie di non tollerare gli intolleranti.