La fotografa che sfida l’iran
La fotografa racconta come riesce a seguire le partite di calcio proibite alle donne
Si è arrampicata sul tetto di una casa. E con un teleobiettivo ha fotografato la partita inaugurale del campionato di calcio in Iran. Un gesto «storico», quello di Parisa Pourtaherian. Perché in Iran alle donne è vietato sedere all’interno di uno stadio per vedere una partita di pallone.
Quando si è arrampicata con il teleobiettivo sul tetto di una casa vista stadio per riprendere la partita inaugurale del campionato di calcio, non immaginava che quel gesto avrebbe fatto storia in Iran. Del resto non le sembrava una trovata particolarmente originale: «È quello che ho visto fare mesi prima ad alcuni tifosi, mi sono ispirata a loro», racconta al Corriere Parisa Pourtaherian, 26 anni e modestia da vendere. Dopo quegli scatti è stata acclamata come prima donna a fotografare un incontro di calcio maschile in Iran, Paese dove gli stadi sono off limits per le signore se in campo giocano gli uomini. Ma questo primato «non significa che sia la più brava! Abbiamo reporter di talento e di grande esperienza nelle diverse discipline sportive» si schernisce.
Da quattro anni Parisa lavora per la prima agenzia di foto sportive del suo Paese, Photoaman, e ha fatto trasferte anche in Europa. Ma ora, per la prima volta, invece delle sue istantanee agli atleti, a fare il giro del mondo sono le immagini con lei sul tetto, in jeans e capelli rossi che spuntano dall’hijab (obbligatorio), lo sguardo concentrato accanto al teleobiettivo. A immortalarla sono stati i suoi colleghi maschi all’interno dello stadio che non si sono persi il momento. Gli scatti sono finiti sui social, rilanciati migliaia di volte e accompagnati da apprezzamenti: una ola virtuale non sfuggita ai media internazionali che ha trasformato Parisa in un’«eroina», riuscita a dribblare i divieti del regime senza violare la legge. «Non pensavo proprio che avrei ricevuto tutti quei messaggi da persone che non mi conoscevano», dice.
Del resto a spingerla a trovare un modo per aggirare i divieti dei mullah sono state le sue due grandi passioni: il calcio e la fotografia: «In Iran le restrizioni per le donne riguardano il football, nel basket e nella pallavolo non ci sono. Ma io amavo il calcio, ancora oggi ne vado matta, ho iniziato a fare fotografie in questo sport. Ho avuto l’opportunità di lavorare con la più famosa scuola d’iran, quella di Mahdi Mahdavi, l’ex capitano della nazionale. Con loro sono stata in Svezia, Germania e Austria».
Quando si tratta delle partite dei professionisti però scattano le restrizioni per le donne. In tante non si arrendono: molte sono state arrestate in questi ultimi anni (35 soltanto a febbraio) per aver tentato di «espugnare» il tempio degli uomini e assistere a una partita travestite da maschi. Come le tifose protagoniste di Offside, il film Orso d’argento a Berlino nel 2006 di Jafar Panahi, da allora costretto a filmare in clandestinità.
«I divieti possono rendere più difficile il lavoro per le donne, ma io non desisto e vado avanti: senza violare la legge e tenendomi al largo da qualsiasi polemica. Per esempio salendo sui tetti». Così a fine luglio è andata a Ghaemshahr, nel Nord del Paese, dove il Nassaji Mazandaran, una delle più vecchie squadre iraniane, ospitava lo Zob Ahan di Isfahan. Il match è finito 0-1 con gol al quindicesimo. Che lei non ha potuto fotografare, impegnata com’era a bussare alle porte per convincere qualcuno a farla salire sul tetto. Dopo tre ore ecco Parisa comparire tra le tegole a sfidare i divieti. E pensare che fino a qualche anno fa era una «pessimista», «negativa», scoraggiata dagli eventi. «Poi la lettura di alcuni libri (per esempio di Wayne Dyer e Oprah Winfrey) mi ha aiutata a cambiare».
«Il mio desiderio è che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini. Ma non solo. Vorrei poter coprire un match del Manchester United, per cui tifo da bambina, all’old Trafford». Lo stadio soprannominato «il teatro dei sogni», che per Parisa, se va avanti così, si avvereranno.
Costanza e passione
«Prima ero pessimista, poi i libri di Wayne Dyer e Oprah Winfrey mi hanno cambiata»