«Anche un figlio affidato può meritare un brano»
Il cantautore Agliardi: scelta inusuale, mai fatta prima Il mio compito è di rassicurarlo e gli dedico «Johnny»
Di canzoni sui figli sono piene le playlist. Anche Niccolò Agliardi ne ha scritta una, ma il cantautore non è ancora papà. Nel senso biologico del termine almeno. «Johnny», così si intitola il brano, è dedicato a un ragazzo che gli è stato dato in affido. «Pensavo che ci fossero troppe canzoni sui figli, che “Raggio di sole” di De Gregori e “Figlia” di Vecchioni fossero testimonianze inarrivabili, ma scrivendo per un figlio affidato, credo sia la prima volta che accade, ho evitato il confronto», racconta.
«La canzone è nata dal momento che sto vivendo, un periodo in cui sono riallineate tante cose nella mia vita. Dopo un lungo percorso di sorvegliato dolore adesso sorveglio con dolcezza i frutti delle scelte fortunate che ho fatto». Francesco, questo il vero nome del ragazzo, è una di quelle, fatta «prima con raziocinio e subito dopo con il cuore».
La scintilla è stata una casualità, una psicologa che ha letto Ti devo un ritorno, il romanzo che Niccolò ha pubblicato nel 2016 e e che parla di un rapporto fra un uomo e un ragazzo. Da lì è nata la proposta dell’affido e il lungo percorso burocratico. «Mi hanno ● Da venerdì 24 agosto sarà in radio e disponibile in streaming e digital download «Johnny», primo singolo di Agliardi estratto da «Resto» (nella foto la cover), antologia in uscita il 14 settembre composta da 2 cd «Ora» e «Ancora» contenenti 25 brani vivisezionato per valutare la mia idoneità. È come se avessi preso una laurea in vita». E da qualche mese nella vita di Agliardi è entrato Francesco, un ragazzo italiano con una mamma delle Seychelles, che dopo 10 anni di comunità, arrivato alla maggiore età, ha chiesto il cosiddetto «prosieguo amministrativo perché non si sentiva ancora pronto per la vita. Il mio compito è rassicurarlo: mi sono dovuto adeguare a una grammatica nuova, esigenze e modernità che non conoscevo, ma ho scelto di restituire una parte del bene che ho ricevuto».
Così è nata la canzone, scritta con Pacifico (coppia che manovra la lingua italiana con grande delicatezza). È il ritratto di un ragazzo, dei primi amori, dell’immaturità, delle speranze di chi «vede il mare da tutte le parti ma non il futuro». «Francesco è come tanti suoi coetanei, vive in un Pese che promette molto ma non è complice della crescita dei ragazzi, è un estrapolato di quel Marco di “Anna e Marco” di Lucio Dalla, capolavoro sui sogni dei giovani». Il razzismo? «Lui arriva da una cultura urban, ascolta musica black, sul web segue tutto quello che ha che fare con la negritudine: per lui essere Voce