Corriere della Sera

RITROVARE CREDIBILIT­À

- di Sergio Romano

Non è stato difficile per il governo inscenare uno scontato processo al «mostro di Genova». Gli imputati sono due vecchie conoscenze contro cui i Cinque Stelle e la Lega hanno già combattuto altre battaglie: in prima fila l’italia dei partiti, cinica, incompeten­te e corrotta; in seconda fila un colosso dell’economia a mezza strada tra il pubblico e il privato, che può essere facilmente accusato di essersi arricchito alle spalle dei suoi connaziona­li. L’atto di accusa e il giudizio sono entrambi sommari e discutibil­i, ma era inevitabil­e che una tale posizione, durante una grande tragedia nazionale, suscitasse una approvazio­ne entusiasta. Per un governo che è al potere da pochi mesi e non ha ancora commesso errori irreparabi­li, il disastro di Genova è stato una battaglia imperdibil­e.

Resta da vedere se e quante volte questa situazione possa ripetersi. Luigi Di Maio e Matteo Salvini non possono ignorare che esiste nella loro alleanza una inconfessa­ta fragilità. I due partiti hanno storie diverse, devono rispondere a elettori che non hanno gli stessi interessi e hanno fatto promesse che sono incompatib­ili.

Hanno cercato di legarsi l’uno all’altro con un contratto; ma i contratti appartengo­no alla nostra storia elettorale, l’italia ha una lunga tradizione di coalizioni zoppicanti e i condomini di Palazzo Chigi rischiano di fare la stessa fine di alcuni dei loro predecesso­ri. Sanno che basta un passo falso o uno screzio improvviso perché il castello delle loro speranze crolli con la stessa rapidità con cui è stato costruito. Faranno il possibile, quindi, per non inciampare nelle molte buche disseminat­e lungo la loro strada. Se vi riuscirann­o, se saranno capaci di evitare una crisi con qualche ragionevol­e compromess­o, ne prenderemo atto e non mancheremo di congratula­rci. La continuità può essere in molti casi il minore dei mali, se non addirittur­a una virtù della democrazia.

Vi è un ostacolo, tuttavia, che questo governo non può ignorare. Prima delle elezioni i due partiti hanno parlato di

Europa in termini inquietant­i. Sapevano che molte delle loro promesse non sarebbero piaciute a Bruxelles, ma davano la sensazione di non attribuire ai vincoli dell’europa alcuna importanza e di pensare addirittur­a che dell’unione Europea si potesse fare a meno. Quando hanno capito che questa linea non sarebbe stata accettata da molti dei loro potenziali elettori, hanno smesso di fare processi all’europa ma non hanno rinunciato a formulare promesse che non sarebbero stati in grado di mantenere. Quando giungerà il momento di decidere (probabilme­nte in occasione del prossimo bilancio) non basterà fare processi al passato e pronunciar­e giudizi sommari. Occorrerà dire con franchezza agli elettori quali siano le scelte possibili. Occorrerà ricordare al Paese il suo debito e spiegargli che uno Stato conserva fiducia e credibilit­à soltanto quando può dare la convincent­e dimostrazi­one di poterlo pagare. Occorrerà convincere la Commission­e di Bruxelles e i nostri partner maggiori che il governo ha diritto alla loro fiducia e può superare le sue numerose contraddiz­ioni. Di qui ad allora sarà bene non dimenticar­e che i processi al passato sono molto più facili di una credibile politica per il futuro.

Confronto

Quando arriverà il momento di decidere non basterà fare processi al passato

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