Il tirante che si spezza e la dinamica della tragedia in tre nuovi filmati
GENOVA La strada che cede ai due lati della campata e il pilone che si spezza come un grissino facendo collassare l’intera struttura. La dinamica del crollo del ponte Morandi è sempre più definita.
A supporto di questa ricostruzione, che ha come presupposto la rottura di un tirante, le immagini di tre telecamere acquisite dalla Guardia di Finanza e giudicate molto interessanti. Si tratta di dispositivi di sicurezza di aziende private, posizionati a distanze e angolazioni diverse rispetto al viadotto. Le videoregistrazioni, combinate fra loro e incrociate con la versione fornita da due testimoni oculari, che dicono di aver visto spezzarsi prima uno o due stralli, i grandi tiranti che reggono la strada, fornirebbero dunque un quadro abbastanza chiaro di quel che è successo.
Alla ricostruzione manca però un tassello: la causa della rottura del tirante. Al di là delle ipotesi fin qui fatte, usura o fulmine, i tecnici non escludono infatti il cedimento di una parte del manto stradale, anche se lo ritengono meno probabile.
Nel frattempo in Procura si discute di reati. «Stiamo valutando se contestare anche l’omicidio stradale colposo», ha spiegato un inquirente. Si tratta dell’articolo 589 bis del codice penale, che normalmente prende di mira chi guida un veicolo. «Ma si può estendere anche ai gestori di strade e autostrade, nella misura in cui hanno il dovere di garantire la sicurezza di chi circola».
Si fa notare che, se così dovesse essere, la nuova accusa sarebbe la più grave dal punto di vista della pena: da due a sette anni. Gli altri tre reati presi in considerazione dai magistrati, il disastro colposo, l’omicidio colposo plurimo e l’attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, hanno infatti pene edittali che non superano i cinque anni. «Risibili, di fronte a una tragedia del genere, con 43 morti», aveva dichiarato il procuratore Francesco Cozzi.
«Per avere un’idea della sproporzione basti pensare che chi dichiara false generalità rischia di più di uno che causa un disastro di questo tipo», gli ha fatto eco ieri un suo sostituto. Per la verità,
l’omicidio plurimo colposo può arrivare anche a quindici anni. «È una questione di pena edittale...». Comunque sia, nelle stanze dei pm ieri se ne parlava.
Venendo invece alle indagini, prosegue l’acquisizione di documenti da parte della Guardia di Finanza, che ha avuto la delega a ricostruire i fatti e ad accertare delle responsabilità di quanto è accaduto.
Dove si profila un palleggio fra Autostrade per l’italia e ministero delle Infrastrutture, il soggetto privato e quello pubblico, entrambi tenuti in qualche modo alla vigilanza sulla sicurezza, anche se in termini diversi. Di fatto il ministero nel corso degli anni sembra essersi spogliato di questa funzione, affidandola alla parte privata. Ai pm il compito di capire se in modo legittimo o meno.