Corriere della Sera

«Quando con Savona privatizza­mmo l’italia»

- Dino Martirano

ROMA «Noi, che ci occupammo del Credito italiano, della Comit e della Nuova Pignone, a privatizza­re le autostrade non facemmo in tempo: quel processo, infatti, si concluse anni dopo e se non erro fu Di Pietro a dare il colpo finale».

Dopo tanti anni, parla il professore Piero Barucci — già presidente del Monte dei Paschi e dell’abi — che nei drammatici frangenti del ‘92-’93 fu chiamato al governo (titolare del Tesoro) da Giuliano Amato, prima, e da Carlo Azeglio Ciampi, poi. Di quell’ultimo esecutivo faceva parte anche il professor Paolo Savona (Industria), attuale ministro per gli Affari europei. «Ripeto — va avanti Barucci — non ci occupammo di autostrade, ma già allora si discuteva molto del “nocciolino”...». Ovvero del meccanismo che consente al privato di controllar­e l’infrastrut­tura o l’azienda avuta in concession­e anche con un pacchetto azionario ridotto: «Io e Paolo (Savona, ndr) già allora la pensavamo allo stesso modo perché quando si va in Borsa è il mercato che decide...». Barucci poi glissa sul ruolo del professor Romano Prodi, allora alla guida dell’iri (proprietar­ia di Autostrade e di molti altri asset pubblici), e sui solleciti inviati al governo per piantare paletti contro lo strapotere dei privati: «Non ricordo... Tuttavia non mi sembra che all’iri si siano preoccupat­i molto di questo quando è stata privatizza­ta la rete telefonica...». Nel 2006, 7 anni dopo l’avvio della privatizza­zione delle autostrade, Antonio Di Pietro è il ministro delle Infrastrut­ture (Prodi II) che ricorda con sfumature ben diverse l’evoluzione della privatizza­zione di caselli, gallerie e viadotti: «Nella concession­e c’erano tutte le premesse per i controlli che, tra il 2007 e il 2013, sono stati effettuati dall’anas. Poi, per legge, per evitare che l’anas controllas­se se stessa, il compito è passato alla “Vigilanza sulle concession­i autostrada­li” del ministero delle Infrastrut­ture. Che si è rivelata una scatola vuota».

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